Roma all’indomani di Canne

Interim respirare Romanus et quasi ab inferis emergere. Arma non erant: detracta sunt templis. Deerat iuventus: in sacramentum liberata servitia. Egebat aerarium: opes suas in medium senatus libens protulit; nec praeter quod in bullis singulisque anulis erat, quicquam sibi auri reliquerunt. Eques secutus exemplum imitataeque equitem tribus. Denique vix suffecere scribarum manus Laevino Marcelloque consulibus, cum privatorum opes in publicum deferrentur. Quid autem? In eligendis magistratibus quae centuriarum sapientia, cum iuniores a senioribus consilium de creandis consulibus petiverunt. Quippe adversus hostem totiens victorem, tam callidum, non virtute tantum, sed suis etiam pugnare consiliis oportebat. Prima redeuntis et, ut sic dixerim, reviviscentis imperii spes Fabius fuit, qui novam de Hannibale victoriam commentus est, non pugnare. Hinc illi cognomen novum et rei publicae salutare Cunctator.

Floro

Intanto il popolo Romano si riprendeva e quasi usciva fuori dagli inferi. Non c’erano armi: furono tolte dai templi. Mancava la gioventù: gli schiavi furono affrancati per il servizio militare. Il tesoro dello Stato era allo stremo: il senato volenteroso mise a disposizione le sue ricchezze; e (i senatori) non lasciarono per sé nessuna cosa d’oro, al di là di quello che era nelle borchie e nelle cinture, negli anelli. L’ordine equestre seguì l’esempio e il volgo imitò la cavalleria. In breve, sotto il consolato di Levino e Marcello, furono a malapena sufficienti le mani degli scrivani, mentre le ricchezze dei privati venivano portate nella cassa dello Stato. Cos’altro? Quale saggezza delle centurie nell’eleggere i magistrati, quando i più giovani demandarono ai più anziani la decisione sulla nomina dei consoli. Dal momento che contro un nemico tante volte vincitore, così astuto, era necessario combattere non solo con il coraggio, ma anche con i loro suggerimenti. Per essi che si riavevano e, per così dire, risuscitavano la prima speranza dell’impero fu Fabio, che escogitò un nuovo modo di (riportare la) vittoria su Annibale, senza combatterlo. Da qui il soprannome per lui singolare, e per lo Stato salutare, il Temporeggiatore.