Sintomi d’amore

Psyche, humi prostrata et volatum mariti prospiciens, extremis affligebat lamentationibus animum. Sed postquam plumae maritum remotum fecerant, per proximi («più vicino», riferito a fluminis) fluminis marginem praecipitem sese dedit. Sed mitis fluvius, in honorem dei qui («il quale», nom. masch. sing.) et ipsas aquas urere consuevit, metuens sibi confestim eam innoxio volumine super ripam florentem herbis exposuit. Tunc forte Pan, deus rusticus, iuxta supercilium amnis sedebat, complexus («abbracciando») Echo, montanam deam, eamque (acc. retto da edocens) voculas omnimodas edocens recinere. Hircuosus deus, ut sauciam Psychen atque defectam aspicit, sic permulcet verbis lenientibus: “Puella scitula, sum quidem (avv.) rusticans et upilio sed senectutis prolixae beneficio multis experimentis instructus. Verum si recte coniecto, ab isto titubante vestigio deque nimio pallore corporis et assiduo suspiritu immo et ipsis marcentibus oculis tuis, amore nimio laboras. Ergo mihi ausculta nec te rursus praecipitio vel ullo mortis genere perimas. Luctum desine et pone maerorem precibusque Cupidinem deorum maximum («il più grande» + gen.) percole”.

Apuleio

Psiche, distesa a terra e mentre guardava il volo del marito, affliggeva il suo animo con profondi lamenti. Ma non appena le ali avevano portato lontano il marito, si gettò a capofitto dall’argine del fiume più vicino. Ma il fiume benigno, in onore del dio il quale fu solito infiammare anche le stesse acque, temendo per se stesso, con un innocuo vortice la mise immediatamente sulla riva fiorente d’erba. In quel momento per caso Pan, il dio della campagna, stava seduto vicino al bordo del fiume, abbracciando Eco, dea della montagna, e insegnandole a cantare paroline di ogni genere. Il dio simile ad un capro, come vide Psiche afflitta e sfinita, così la confortò con parole consolanti: “Graziosa fanciulla, io sono certamente un campagnolo e un pecoraio, ma ricco di molte esperienze grazie al privilegio di una lunga vecchiaia. Se interpreto correttamente la realtà, da questo passo vacillante e dall’eccessivo pallore del corpo e dal continuo profondo sospiro, persino anche dai tuoi stessi occhi languenti, tu soffri moltissimo per amore. Quindi ascoltami, non cercare di ucciderti di nuovo da un precipizio o con un altro genere di morte. Abbandona il pianto e deponi la tristezza e onora con le preghiere Cupido il più grande degli dei”.