Sono ritornato ai miei amici più fedeli: i libri

Cicero Varroni salutem dicit.
Ex litteris quid ageres et ubi esses, cognovi; quando autem te visuri essemus, nihil sane ex iisdem litteris potui suspicari. In spem tamen venio appropinquare tuum adventum: qui mihi utinam solatio sit! Etsi tot tantisque rebus urgemur, tamen aut tu potes me aut ego te fortasse aliqua re iuvare; scito enim me, posteaquam in Urbem venerim, redisse cum veteribus amicis, id est cum libris nostris, in gratiam; eorum usum dimiseram non quod iis suscenserem, sed quod eorum me pudebat: videbar enim mihi, cum me in res turbulentissimas (cum) infidelissimis sociis demisissem, praeceptis illorum non satis paruisse. Ignoscunt mihi, revocant in consuetudinem pristinam teque, quod in ea permanseris, sapientiorem quam me dicunt fuisse. Quamobrem, quoniam placatis iis utor, videor sperare debere ea quae impendeant me facile transiturum (esse).

Maiorum Lingua C – Cicerone

Cicerone saluta Varrone.
Ho saputo dalle tue lettere che cosa facevi e dove eri; ma dal momento che avevamo intenzione di vederti, non avrei potuto sospettare nulla dalle medesime missive. Spero tuttavia che il tuo arrivo si avvicini: oh, se potesse essere per me un conforto! Sebbene siamo incalzati da tanto numerosi impegni, tu o io ci possiamo forse aiutare in qualcosa; sappi infatti che io, dopo essere venuto a Roma, sono ritornato in amicizia con i vecchi amici, vale a dire con i nostri libri; avevo abbandonato il loro utilizzo non perché fossi in collera con loro, ma perché me ne vergognavo: mi sembrava infatti, dopo essermi abbandonato in vicende assai sconvolte con amici della peggior specie, di non avere obbedito abbastanza ai loro insegnamenti. Mi perdonano, mi richiamano all’antica abitudine e dicono che tua sia stato più saggio di me, poiché ti sei mantenuto in essa. Perciò, dal momento che li utilizzo a vicende ormai divenute tranquille, mi pare di dovere sperare che attraverserò facilmente ciò che incombe sopra di me.