Un elefante inferocito (III)

Non videtur esse praetermittendum de virtute militis veterani V legionis. Nam cum in sinistro cornu elephans vulnere ictus et dolore concitatus in lixam inermem impetum fecisset eumque sub subditum dein genu innixus pondere suo, proboscide erecta vibrantique stridore, maximo premeret atque enecaret, miles hic non potuit pati quin se armatus bestiae offerret. Quem postquam elephas ad se telo infesto venire animadvertit, relicto cadavere, militem proboscide circumdat atque in sublime extollit. Armatus, qui in eiusmodi periculo constanter agendum sibi videret, gladio proboscidem qua erat circumdatus caedere quantum viribus poterat non destitit. Quo dolore adductus elephas, milite abiecto, maximo cum stridore cursuque conversus ad reliquas bestias se recepit.

Comprendere e Tradurre (2) – Pag.360 n.19

Non mi sembra che si debba passare sotto silenzio il valore di un veterano della quinta legione. Infatti, all’ala sinistra, dopo che un elefante pieno di ferite ed impazzito per il dolore, aveva caricato un portatore inerme e lo aveva tirato sotto la zampa, e inginocchiatosi su di lui, con la sua proboscide eretta e barrendo con immenso rumore, lo stava schiacciando col suo peso e lo uccideva, questo soldato non esitò ad affrontarlo armato. L’elefante, appena si rende conto che il soldato avanza contro di lui con la lancia puntata, abbandonato il corpo, stringe il soldato con la proboscide e lo solleva in aria. L’uomo, al quale era chiaro che, in un simile pericolo, la salvezza stava nell’agire con decisione, non desistette dal tagliare con la spada, con quante forze poteva, la proboscide dalla quale era avvolto. Distolto da questo dolore, l’elefante, lasciato il soldato, con grandi barriti e di gran corsa, voltatosi, si ritirò tra le altre bestie.