Un esempio di disciplina militare: il console Tito Manlio Torquato

Latino bello, cum consules infaustum omen vidissent, edixerunt ne quis extra ordinem in hostem pugnaret. Forte inter ceteros turmarum praefectos, qui exploratum in omnes partes dimissi erant, T. Manlius, consulis filius, super castra hostium cum suis turmalibus evasit, ita ut vix teli iactu ab statione proxima abesset. Ibi Tusculani erant equites; praeerat Geminus Maecius, vir cum genere tum factis inter suos clarus. Is ubi Romanos equites insignemque inter eos praecedentem consulis filium cognovit: “Unane ? inquit ? turma, Romani, cum Latinis sociisque bellum gesturi estis? Quid interea consules, quid duo exercitus consulares agent?” “Aderunt in tempore” Manlius inquit “et cum illis aderit Iuppiter ipse, foederum a vobis violatorum testis”. Ad ea Geminus paulum ab suis equo provectus dixit: “Visne igitur, dum dies ista venit, qua magno conatu exercitus moveatis, interea tu ipse congredi mecum, ut nostro duorum iam hinc eventu cernatur quantum eques Latinus Romano praestet?” Movet ferocem animum iuvenis seu ira seu detractandi certaminis pudor seu inexsuperabilis vis fati. Oblitus itaque imperii patrii consulumque edicti, praeceps ad id certamen agitur et Maecium occidit. Quod ubi audivit consul, iussit filium, qui adversus consulum edictum extra ordinem pugnaverat et disciplinam militarem, qua stetit semper Romana res, solverat, ad palum deligari et capitali supplicio affici.

Livio

Durante la guerra Latina, poiché i consoli avevano visto un presagio infausto, stabilirono che nessuno combattesse contro il nemico senza ordine. Per caso tra gli altri comandanti delle torme, che erano stati inviati in tutte le direzioni per esplorare, Tito Manlio, figlio del console, arrivò sopra l’accampamento dei nemici con i suoi cavalieri, così che dal più vicino posto di guardia distava un lancio di giavellotto. Lì c’erano i cavalieri Tuscolani; ne era a capo Gemino Mezio, uomo illustre tra i suoi non solo per la stirpe, ma anche per le imprese. Egli, come riconobbe i cavalieri Romani e distinto tra loro il figlio del console, disse: «Con un solo squadrone, o Romani, avete intenzione di fare guerra con i Latini e gli alleati? Cosa faranno nel frattempo i consoli, cosa i due eserciti consolari?». «Arriveranno a tempo debito» disse Manlio «e con loro arriverà Giove in persona, testimone dei patti violati da voi». Allora Gemino, spintosi un po’ più avanti dai suoi con il cavallo, disse: «Vuoi dunque, mentre viene questo giorno, in cui muovete l’esercito con grande sforzo, scontrarti tu stesso nel frattempo con me, affinché già dall’esito del nostro duello (lett: “dal nostro esito del duello”) si veda quanto un cavaliere Latino è superiore ad uno Romano?». O l’ira o la vergogna di rifiutare lo scontro o l’invincibile forza del destino spinse il fiero animo del giovane. E così, dimentico dell’ordine del padre e dell’editto dei consoli, venne trascinato a capofitto in quel duello e uccise Mezio. Quando il console venne a sapere ciò, ordinò che il figlio, che aveva combattuto senza ordine contro l’editto dei consoli e aveva violato la disciplina militare, grazie alla quale la potenza Romana è sempre rimasta salda, fosse legato a un palo e messo a morte.