Un palazzo incantato e ancelle invisibili

Psyche, sufficienti recreata somno, placido resurgit animo: videt lucum proceris et vastis arboribus consitum, videt fontem aquae perlucidae et, in medio luci, domum regiam, aedificatam non humanis manibus sed divinis artibus. Invitata talium locorum oblectatione, propius accessit et paulo fidentior intra limen sese facit ubi horrea magnis congesta gazis conspicit. Nec est quicquam quod ibi non est. Sed praeter tantarum divitiarum admirationem, hoc erat praecipue mirificum, quod nullo vinculo, nullo claustro, nullo custode thesaurus ille muniebatur. Haec ei summa cum voluptate visenti, offert sese vox quaedam, corporis nuda: «Quid, – inquit – domina, obstupescis opibus? Tua sunt haec, quae vides, omnia. Prohinc cubiculo te refer et lectulo lassitudinem refove et ex arbitrio tuo lavacrum pete. Nos, quarum voces accipis, tuae famulae sumus».

Maiorum Lingua C

Psiche, riposatasi a sufficienza, si alza tranquillamente: vede un bosco intrecciato da alberi alti e diversi, vede una sorgente di acqua limpidissima e, in mezzo al bosco, un palazzo regale, costruito non da mani umane ma con strumenti divini. Attratta dal piacere di tali luoghi, si avvicinò e con un po’ di fiducia in più varca la soglia dove scorge un deposito zeppo di grandi tesori. Non c’è nulla che lì non sia. Ma al di là dello stupore per tanta ricchezza, era soprattutto degno di meraviglia il fatto che quel tesoro non era protetto da alcuna catena, chiavistello e custode. Mentre guardava questo con grandissimo piacere, le si presenta una voce, priva di corpo che dice: «Perché, o signora, ti stupisci di fronte alle ricchezze? Tutto ciò che vedi è tuo. Vai perciò in camera, rianima sul letto la stanchezza e domanda quando vuoi un bagno. Noi, di cui senti la voce, siamo le tue serve».