Un uomo né fortunato né sventurato
De variis fortunae casibus plura exempla proferre possumus; uno tamen satis sit. Quid enim de Lucio Metello pontifice, bis consule, bis dictatore, magistro equitum, qui primus elephantos e primo Punico bello duxit (fece sfilare) in triumpho, dicam? Longum est, si commemorare velim quibus bonis a Fortuna affectus sit. Is enim, ut filius eius scriptum reliquit, decem maximas res consummavit (riunì in sé): primarius enim bellator fuit, optimus orator, fortissimus imperator, praeclaras res gessit, maximo honore usus est, sapientissimus fuit, summus orator habitus est, pecuniam magnam bono modo invenit, multos liberos reliquit et clarissimus in civitate fuit. Haec omnia ei contigerunt, nec ulli alii in civitates eius. Sed perfacile est hanc felicitatem refellere: nam hic Metellus exegit senectutem orbam oculis quos incendio amiserat, cum Palladium rapere (portare in salvo) ex aede Minervae vellet. Quae si animo attento consideramus, nonne potius infelicem illum dicere debemus? Qu enim ratione felix dici potest homo, cuius senectutem cecitas contristaverit? At prior vitae pars felicissima fuerat. Dicamus igitur, ut nos monet Plinius, illum infelicem dici non debere, felicem non posse.
Ad Limina (2) – Pag.206
Possiamo menzionare molteplici esempi sui vari casi della sorte; uno solo tuttavia è abbastanza. Cosa infatti potrei dire del pontefice Lucio Metello, due volte console, due volte dittatore, maestro dei cavalieri che per primo fece sfilare in trionfo gli elefanti dalla prima guerra Punica? Sarebbe lungo se volessi ricordare in quali qualità sia stato colpito dalla Fortuna. Egli infatti, come suo figlio ha lasciato scritto, riunì in sé dieci grandissime qualità: fu infatti combattente di primo ordine, eccellente oratore, comandante molto valoroso, compì imprese famosissime, godette del massimo onore, fu molto saggio, fu considerato un grande oratore, accumulò una grande ricchezza in modo onesto, liberò molti schiavi e fu molto celebre in città. Tutte queste cose capitarono solo a lui, né ad alcun altro nella sua città. Ma è facilissimo smentire questa felicità: infatti questo Metello trascorse una vecchiaia priva degli occhi, che aveva perso in un incendio, volendo portare in salvo il Palladio dal tempio di Minerva. Consideriamo queste cose con animo attento: forse che non dobbiamo ritenerlo infelice? Per quale motivo può essere detto felice un uomo la cui vecchiaia la cecità afflisse? Ma la prima parte della sua vita era stata molto felice. Diciamo dunque, come ci esorta Plinio, che quello non deve essere detto infelice non potendo essere felice.
