Una riforma dell’augurato

M. Valerio et Q. Apuleio consulibus satis pacatae foris res fuere: Etruscum adversae belli res et indutiae quietum tenebant; Samnitem, multorum annorum cladibus domitum, hauddum (“non ancora”) foederis novi paenitebat; Romae quoque plebis multitudo, exonerata et deducta in colonias, quieta praestabat. Tamen, ne undique tranquillae res essent, certamen iniectum inter primores civitatis, patricios plebeiosque, ab tribunis plebis Q. et Cn. Ogulniis; qui, undique criminandorum patrum apud plebem occasionibus quaesitis, postquam alia frustra temptata erant, eam actionem susceperunt, qua non infimam plebem accenderent, sed ipsa capita plebis, consulares triumphalesque plebeios, quorum honoribus nihil praeter sacerdotia, quae nondum promiscua erant, deesset. Rogationem ergo promulgarunt ut, cum quattuor augures et quattuor pontifices ea tempestate essent, placeret augeri sacerdotum numerum et quattuor pontifices et quinque augures de plebe omnes adlegerentur. Quemadmodum ad quattuor augurum numerum nisi morte duorum id redigi collegium potuerit, non invenio, cum inter augures constet imparem numerum debere esse.

Livio

Durante il consolato di Marco Valerio e Quinto Apuleio le cose furono assai tranquille all’esterno: gli eventi avversi della guerra e la tregua tenevano calmo l’Etrusco; il Sannita, domato dalle disfatte di molti anni, non era ancora scontento del nuovo accordo; anche a Roma la moltitudine della plebe, trasferita e insediata in colonie, si mostrava tranquilla. Tuttavia, affinché le cose non fossero tranquille dappertutto, dai tribuni della plebe Quinto e Gneo Ogulnii fu gettata discordia tra i più autorevoli della città, patrizi e plebei; essi, avendo cercato da ogni parte le occasioni per accusare i patrizi dinanzi alla plebe, dopo che ebbero tentato altre cose invano, intrapresero questa azione, con la quale non solo aizzassero l’infima plebe, ma gli stessi capi della plebe, plebei ex consoli e trionfatori, agli onori dei quali altro non mancava nulla fuorché i sacerdozi, che non erano ancora promiscui. Promulgarono quindi una proposta affinché, essendoci a quel tempo quattro auguri e quattro pontefici, paresse opportuno che si aumentasse il numero dei sacerdoti e i quattro i pontefici e i cinque auguri si eleggessero tutti dalla plebe. Non trovo come il collegio degli auguri si fosse potuto ridurre al numero di quattro, se non con la morte di due, dal momento che tra gli auguri è generalmente noto che il numero deve essere dispari.