Un’eclissi di luna

Bello Macedonico C. Sulpicius Gallus, tribunus militum secundae legionis, qui praetor superiore anno fuerat, cum ad contionem consulis permissu milites convocasset, pronuntiavit, ne quis id portentum deorum censeret, portendens iacturam: «Nocte proxima ab hora secunda usque ad quartam horam noctis luna obscurabitur, cum terra inter solem et lunam erit; id cum naturali ordine statis temporibus fiat, et sciri ante et praedici potest; ideo ne obscurari quidem lunam, cum condatur umbra terrae, in prodigium est trahendum». Nocte, quam pridie nonas Septembres insecuta est dies, edita hora luna cum defecisset, Romanis militibus Galli sapientia prope divina visa est; Macedonas ut triste prodigium, occasum regni perniciemque portendens, movit. Clamor ululatusque in castris Macedonum fuit, donec luna in suam lucem emersit.

Livio

Durante la guerra con la Macedonia Gaio Sulpicio Gallo, tribuno militare della seconda legione, che era stato pretore l’anno precedente, dopo aver chiamato, con il consenso del console, i soldati in adunanza, comunicò, affinché nessuno lo ritenesse un presagio degli dei preannunciante una sciagura: «La prossima notte, dall’ora seconda alla quarta, la luna si oscurerà, perché la terra si troverà tra il sole e la luna; questo (fenomeno), poiché avviene in tempi fissi per legge di natura, lo si può sapere prima e preannunciare; perciò non si deve interpretare come un prodigio nemmeno che la luna si oscuri quando viene nascosta dall’ombra della terra». La notte, che seguì il giorno prima delle none di Settembre, essendosi all’ora prevista eclissata la luna, ai soldati Romani la sapienza di Gallo sembrò quasi divina; impressionò i Macedoni come un triste presagio preannunciante la sventura e la caduta del regno. Vi furono urla e grida di lamento nell’accampamento dei Macedoni, finché la luna non riapparve nella sua luce.