Un grande esempio di sopportazione Muzio Scevola

Cum Mucius a Porsenna rege Etruscorum urbem nostram gravi ac diutino bello urgueri aegre ferret, castra eius clam ferro cinctus intravit immolantemque ante altaria conatus occidere est. Ceterum inter molitionem pii pariter ac fortis propositi oppressus nec causam adventus texit et tormenta quantopere contemneret mira patientia ostendit: perosus enim, credo, dexteram suam, quod eius ministerio in caede regis uti nequisset, iniectam foculo exuri passus est. Nullum profecto di inmortales admotum aris cultum adtentioribus oculis viderunt. Ipsum quoque Porsennam oblitum periculi sui ultionem suam vertere in admirationem coegit: nam ‘Revertere’ inquit ‘ad tuos, Muci, et eis refer te, cum vitam meam petieris, a me vita donatum’. Cuius clementiam non adulatus Mucius tristior Porsennae salute quam sua laetior urbi se cum aeternae gloriae cognomine Scaevolae reddidit.

Muzio, tollerando a fatica che la nostra città fosse oppressa da Porsenna re degli Etruschi con una pesante e lunga guerra, armatosi di spada, penetrò di nascosto nell’accampamento di quello e tentò di uccidere lui che sacrificava davanti agli altari. Sorpreso tuttavia nel mezzo dell’esecuzione del progetto pio (nel senso di patriottico) e nello stesso tempo coraggioso, non nascose la causa dell’arrivo (del suo arrivo) e mostrò con straordinaria sopportazione quanto disprezzasse le torture: infatti odiando, credo, la sua mano destra, poiché non aveva potuto servirsi della sua opera nell’uccisione del re, sopportò che bruciasse dopo avere posta (la mano) sopra un braciere.
Gli dei immortali certamente non guardarono con occhi più attenti nessun sacrificio celebrato presso gli altari. Costrinse anche lo stesso Porsenna a dimenticare (letteralmente: al dimentico) del suo pericolo e a cambiare la sua vendetta in ammirazione. Infatti disse: “Ritorna dai tuoi, Muzio, e riferisci loro che tu, pur avendo attentato alla mia vita, sei stato da me donato con la vita.
Non avendone adulato la clemenza, più afflitto per la salvezza di Porsenna che lieto per la sua, se ne tornò a Roma con l’appellativo di Scevola a titolo di gloria immortale.