Augusto credeva nei sogni

Somnia neque sua neque aliena de se neglegebat. Philippensi acie quamvis statuisset non egredi tabernaculo propter valitudinem, tamen amici somnio monitus egressus est; cessitque res prospere, quando captis castris lectica eius, quasi ibi cubans remansisset, concursu hostium confossa atque lacerata est. Ipse per omne ver plurima et formidulosissima et vana et irrita videbat, reliquo tempore rariora et minus vana. Cum dedicatam in Capitolio aedem Tonanti Iovi assidue frequentaret, somniavit queri Capitolinum Iovem cultores sibi abduci seque respondisse Tonantem pro ianitore ei appositum; ideoque mox tintinnabulis fastigium aedis redimiit, quod ea fere ianuis dependebant. Ex nocturno visu etiam stipem quotannis die certo emendicabat a populo cavam manum asses porrigentibus praebens.

Svetonio

Non trascurava nè i propri sogni nè quelli degli altri su di lui. Durante la battaglia di Filippi, sebbene avesse deciso di non uscire dalla tenda a causa della cattiva salute, tuttavia ammonito dal sogno di un amico, se ne allontanò; e la cosa ebbe un esito favorevole, quando espugnato l’accampamento la sua lettiga, come se là fosse rimasto sdraiato, venne colpita e fracassata dall’accorrere in massa dei nemici. Egli per tutta la primavera vedeva moltissime cose spaventosissime, evanescenti, insignificanti, per il resto del tempo più di rado e meno inconsistenti. Mentre visitava abitualmente il tempio consacrato a Giove Tonante sul Campidoglio, sognò che Giove Capitolino si doleva che gli venissero portati via i veneratori e di avergli risposto che Giove Tonante era stato posto accanto a lui come portinaio; e per questo motivo adornò subito di campanelli il frontone del tempio, perché essi comunemente pendevano dalle porte delle case. Ancora, in seguito a una visione notturna ogni anno in un giorno stabilito chiedeva l’elemosina alla gente porgendo il cavo della mano a coloro che gli offrivano dei soldi.