La morte di Augusto

Venitur ad tempus, in quo fuit plurimum metus. Quippe Caesar Augustus cum Germanicum nepotem suum reliqua belli patraturum misisset in Germaniam, Tiberium autem filium missurus esset in Illyricum ad firmanda pace quae bello subegerat, prosequens eum simulque interfuturus athletarum certaminis ludicro, quod eius honori sacratum a Neapolitanis est, processit in Campaniam. Quamquam iam motus imbecillitatis inclinataeque in deterius principia valetudinis senserat, tamen obnitente vi animi prosecutus filium digressusque ab eo Beneventi ipse Nolam petiit: et ingravescente in dies valetudine, cum sciret, quis volenti omnia post se salva remanere accersendus foret, festinanter revocavit filium; ille ad patrem patriae expectato revolavit maturius. Tum securum se Augustus praedicans circumfususque amplexibus Tiberii sui, commendans illi sua atque ipsius opera nec quidquam iam de fine, si fata poscerent, recusans, subrefectus primo conspectu alloquioque carissimi sibi spiritus, mox, cum omnem curam fata vincerent, in sua resolutus initia Pompeio Apuleioque consulibus septuagesimo et sexto anno animam caelestem caelo reddidit.

Esperienze di traduzione – Pag.148 n.5 – Velleio Patercolo

E ora vengo a trattare un momento (della storia di Roma) veramente terribile e triste: ovvero, all’indomani che Cesare Augusto ebbe inviato in Germania suo nipote Germanico, per risolvere definitivamente il conflitto, e al tempo d’inviare il figlio Tiberio in Illiria, a trattare con un accordo di pace le conquiste ricavate con la guerra. Con l’intenzione di seguirlo, Tiberio fece prima tappa in Campania, per assistere ad una gara di atleti organizzata in suo onore dagli abitanti di Napoli. Sebbene avesse già avvertito i sintomi di un’incombente peggioramento di salute, tuttavia s’ostinò a seguire il figlio e, separatosi da lui all’altezza di Benevento, proseguì alla volta di Nola. Dato che le sue condizioni si aggravavano di giorno in giorno, ben sapendo su chi avrebbe dovuto contare, se desiderava che, dopo la sua morte, ogni cosa rimanesse al suo posto, richiamò precipitosamente il figlio; e quello, altrettanto precipitosamente – più di quanto ci si potesse aspettare – raggiunse il padre della patria. Così, dicendosi sereno e circondato dall’affetto del suo amato Tiberio, Augusto gli raccomandò di rispettare, per il futuro, la condotta politica fin allora tenuta da entrambi, oramai rassegnato alla morte, secondo il volere dei fati. (In realtà,) in un primo momento, s’era rinfrancato alla vista e alle parole (di conforto) del suo amatissimo (figlio), ma poi – dato che il destino stornò ogni tentativo di riaversi – tornò “cenere alla cenere”, rendendo al cielo la propria anima celeste. Aveva, allora, 76 anni, e si era sotto il consolato di Pompeio ed Apuleio.