Res Gestae (passi scelti)

Introduzione

Rerum gestarum divi Augusti, quibus orbem terrarum imperio populi Romani subiecit, et impensarum quas in rem publicam populumque Romanum fecit, incisarum in duabus aheneis pilis, quae sunt Romae positae, exemplar subiectum.

(Capitoli) delle opere del sacro Augusto, con le quali sottomise il mondo al potere del popolo romano, e delle spese, che fece in favore dello Stato e del popolo romano, incise su due steli di bronzo, che sono state poste a Roma conformi all’originale.

FRAMMENTI

Annos undeviginti natus exercitum privato consilio et privata impensa comparavi, per quem rem publicam a dominatione factionis oppressam in libertatem vindicavi. Eo nomine senatus decretis honorificis in ordinem suum me adlegit, C. Pansa et A. Hirtio consulibus, consularem locum s ententiae dicendae simul dans, et im]perium mihi dedit. Res publica n e quid detrimenti caperet, me propraetore simul cum consulibus providere iussit. Populus autem eodem anno me consulem, cum consul uterque bello cecidisset, et triumvirum rei publicae constituenda ecreavit.

All’età di diciannove anni preparai un esercito con un progetto privato e spesa personale, con cui riportai lo stato oppresso dalla dominazione dell’opposizione in libertà, per questa ragione il senato mi prese con decreti onorifici nel suo ordine. Durante il consolato di Caio Pansa e Aulo irzio assegnando il titolo consolare per esprimere il parere e mi diede il comando dell’esercito. Lo stato per non ricevere un qualche danno, mi decretò in qualità di pretore di prendere decisioni insieme ai consoli. Il popolo invece nello stesso anno essendo morti in guerra entrambi i consoli mi elesse console e triumviro per riformare la costituzione dello stato.

[13] Ianum Quirinum, quem claussum esse maiores nostri voluerunt cum per totum imperium populi Romam terra marique esset parta victoriis pax, cum priusquam nascerer, a condita urbe bis omnino clausum fuisse prodatur memoriae, ter me principe senatus claudendum esse censuit.

Quando fui principe, il senato stabilì che si chiudesse il tempio di Giano Quirino, che i nostri antenati vollero fosse chiuso quando fosse stata generata la pace con le vittorie in tutto il territorio del dominio romano per terra e per mare, e ciò per la terza volta, infatti si tramanda che prima che nascessi dalla fondazione di Roma fu chiuso solo due volte.

[23] Navalis proeli spectaclum populo dedi trans Tiberim in quo loco nunc nemus est Caesarum, cavato solo in longitudinem mille et octingentos pedes, in latitudinem mille et ducenti, in quo triginta rostratae naves triremes aut biremes, plures autem minores inter se confilxerunt; quibus in classibus pugnaverunt praeter remiges millia hominum tria circiter.

Offrii al popolo lo spettacolo di una battaglia navale oltre il Tevere, nel luogo dove oggi c’è il bosco sacro dei Cesari, scavando il suolo per milleottocento piedi in lunghezza e milleduecento in larghezza. In questa battaglia vennero a conflitto trenta navi triremi o biremi rostrate, più altre minori. Nelle flotte combatterono oltre ai marinai circa tremila soldati.

[25] Mare pacavi a praedonibus. Eo bello servorum qui fugerant a dominis suis et arma contra rem publicam ceperant triginta fere millia capta dominis ad supplicium sumendum tradidi. Iuravit in mea verba tota Italia sponte sua, et me belli quo vici ad Actium ducem depoposcit; iuraverunt in eadem verba provinciae Galliae, Hispaniae, Africa, Sicilia, Sardinia. Qui sub signis meis tum militaverint fuerunt senatores plures quam DCC, in iis qui vel antea vel postea consules facti sunt ad eum diem quo scripta sunt haec LXXXIII, sacerdotes circiter CLXX.

Pacificai il mare liberandolo dai pirati. Durante questa guerra catturai circa trentamila schiavi che erano fuggiti dai loro padroni e avevano imbracciato le armi contro lo Stato, e li consegnai ai padroni affinché li mandassero a morte. Tutta l’Italia spontaneamente mi giurò fedeltà e mi volle comandante della guerra che vinsi ad Azio. Anche mi giurarono fedeltà le province galliche, quelle spagnole, l’Africa, la Sicilia, la Sardegna. Tra quelli che combatterono sotto le mie insegne ci furono più di settecento senatori, e tra essi quelli che prima o dopo divennero consoli a tutt’oggi, quando scrivo questo resoconto, sono ottantatré, e circa centosettanta i sacerdoti.

[26] Omnium provinciarum populi Romam quibus finitimae fuerunt gentes quae non parerent imperio nostro fines auxi. Gallias et Hispanias provincias, item Germaniam, qua includit Oceanus a Gadibus ad ostium Albis fluminis pacavi. Alpes a regione ea quae proxima est Hadriano mari ad Tuscum pacificavi nulli genti bello per iniuriam inlato. Classis mea per Oceanum ab ostio Rheni ad solis orientis regionem usque ad fines Cimbrorum navigavit, quo neque terra neque mari quisquam Romanus ante id tempus adit. Cimbrique et Charydes et Semnones et eiusdem tractus alii Germanorum populi per legatos amicitiam meam et populi Romam petierunt. Meo iussu et auspicio ducti sunt duo exercitus eodem fere tempore in Aethiopiam et in Arabiam quae appellatur Eudaemon, magnaeque hostium gentis utriusque copiae caesae sunt in acie et complura oppida capta. In Aethiopiam usque ad oppidum Nabata perventum est, cui proxima est Meroe; in Arabiam usque in fines Sabaeorum processit exercitus ad oppidum Mariba.

Aumentai i territori di tutte le province del popolo romano alle quali furono confinanti popoli che non ubbidivano al nostro dominio. Pacificai le province della Gallia e della Spagna, e la Germania da dove l’Oceano si conclude a Cadice fino alla foce dell’Elba. Feci in modo che regnasse la pace sulle Alpi da quella regione che dà sul mare Adriatico fino al Tirreno, senza portare guerra ingiustamente ad alcun popolo. La mia flotta navigò attraverso l’Oceano dalla foce del Reno verso le terre d’oriente fino ai territori dei Cimbri, dove nessun romano prima d’allora era giunto, né per mare né per terra, e i Cimbri e i Caridi e i Semnoni e gli altri popoli germanici della stessa regione chiesero per mezzo di ambascerie l’alleanza mia e del popolo romano. Per mio volere e sotto la mia direzione furono condotti due eserciti, quasi contemporaneamente, in Etiopia e nell’Arabia detta Felice, ed enormi schiere di popoli nemici in entrambe furono massacrate sul campo di battaglia, e moltissime città furono conquistate. In Etiopia si giunse fino alla città di Nabata, a cui è vicinissima Meroe: in Arabia l’esercito avanzò fino alla città di Mariba nel territorio dei Sabei.

[27] Aegyptum imperio populi Romani adieci. Armeniam maiorem interfecto rege eius Artaxe cum possem facere provinciam malui maiorum nostrorum exemplo regnum id Tigrani regis Artavasdis filio, nepoti autem Tigranis regis, per Ti. Neronem tradere, qui tum mihi privignus erat. Et eandem gentem postea desciscentem et rebellantem domitam per Gaium filium meum regi Ariobarzani regis Medorum Artabazi filio regendam tradidi, et post eius mortem filio eius Artavasdi; quo interfecto Tigranem qui erat ex regio genere Armeniorum oriundus in id regnum misi. Provincias omnis quae trans Hadrianum mare vergunt ad orientem Cyrenasque, iam ex parte magna regibus ea possidentibus, et antea Siciliam et Sardiniam occupatas bello servili reciperavi.

Aggiunsi al dominio del popolo romano l’Egitto. Quando fu ucciso il re Artaxe, potendo fare dell’Armenia maggiore una provincia, preferii secondo l’esempio degli antenati consegnare il regno a Tigrane figlio del re Artavasde e nipote del re Tigrane, per mezzo di Tiberio Nerone, che allora era mio figliastro. E quello stesso popolo, infedele e ribelle, soggiogato da mio figlio Gaio consegnai in reggenza al re Ariobarzane figlio del re dei medi Artabaze, e dopo la sua morte a suo figlio Artavasde. Quando quest’ultimo fu ucciso, mandai in quel regno Tigrane, che apparteneva alla famiglia reale degli Armeni. Riconquistai tutte le province che si estendono a oriente oltre il mare Adriatico, e Cirene, possedute allora in gran parte da re, e prima la Sicilia e la Sardegna occupate durante la guerra servile.

[28] Colonias in Africa, Sicilia, Macedonia, utraque Hispania, Achaia, Asia, Syria, Gallia Narbonensi, Pisidia militum deduxi Italia autem XXVIII colonias quae vivo me celeberrimae et frequentissimae fuerunt mea auctoritate deductas habet.

Fondai colonie militari in Africa, Sicilia, Macedonia, in entrambe le Spagne, in Acaia, Asia, Siria, Gallia Narbonese, Pisidia. L’Italia per parte sua possiede per mia volontà ventotto colonie, che durante la mia vita furono molto popolate e prosperose.

[29] Signa militaria complura per alios duces amissa devictis hostibus recepi ex Hispania et Gallia et a Dalmateis. Parthos trium exercitum Romanorum spolia et signa reddere mihi supplicesque amicitiam populi Romani petere coegi. Ea autem signa in penetrali quod est in templo Martis Ultoris reposui.

Riconquistai molte insegne militari perdute da altri comandanti vinti dai nemici, dalla Spagna e dalla Gallia e dalla Dalmazia. Costrinsi i Parti a restituire i trofei e le insegne di tre eserciti romani e a chiedermi supplicanti l’alleanza del popolo romano. Riposi quelle insegne nel tabernacolo che sta nel tempio di Marte Vendicatore.

[30] Pannoniorum gentes, quas ante me principem populi Romani exercitus nunquam adit, devictas per Ti. Neronem, qui tum erat privignus et legatus meus, imperio populi Romani subieci, protulique fines Illyrici ad ripam fluminis Danui. Citra quod Dacorum transgressus exercitus meis auspicis victus profilgatusque est, et postea trans Danuvium ductus exercitus meus Dacorum gentes imperia populi Romani perferre coegit.

Sottomisi al dominio del popolo romano le popolazioni della Pannonia, che prima che io fossi principe nessun esercito romano raggiunse mai, e furono battute per mezzo di Tiberio Nerone, che allora era mio figliastro e mio luogotenente, ed estesi i territori dell’Illiria fino alla riva del fiume Danubio. Quando un esercito di Daci attraversò quel fiume, lo vinsi e lo sbaragliai dirigendo le operazioni, e condussi il mio esercito oltre il Danubio costringendo le popolazioni dei Daci a sottostare al dominio del popolo romano.

[31] Ad me ex India regum legationes saepe missae sunt non visae ante id tempus apud quemquam Romanorum ducem. Nostram amicitiam appebverunt per legatos Bastarnae Scythaeque et Sarmatarum qui sunt citra flumen Tanaim et ultra reges, Albanorumque rex et Hiberorum et Medorum.

Mi furono inviate spesso ambascerie di re dall’India, mai viste prima d’allora presso alcun comandante romano. Chiesero la nostra alleanza con ambascerie i re dei Bastarni e degli Sciti e dei Sarmati, che stanno al di qua e al di là del fiume Don, e il re degli Albani, degli Iberi e dei Medi.

[32] Ad me supplices confugerunt reges Parthorum Tiridates et postea Phrates regis Phratis filius, Medorum Artavasdes, Adiabenorum Artaxares, Britannorum Dumnobellaunus et Tincommius, Sugambrorum Maelo, Marcomanorum Sueborum. Ad me rex Parthorum Phrates Orodis filius filios suos nepotesque omnes misit in Italiam non bello superatus, sed amicitiam nostram per liberorum suorum pignora petens. Plurimaeque aliae gentes expertae sunt p. R. fidem me principe quibus antea cum populo Romano nullum extiterat legationum et amicitiae commercium.

Supplici, si rifugiarono presso di me i re dei Parti Tiridate e poi Fraate, figlio del re Fraate; Artavasde dei Medi, Artaxare degli Adiabeni, Dumnobellauno e Tincommio dei Britanni, Melone dei Sugambri, Segimero dei Marcomanni e degli Svevi. Il re dei Parti Fraate figlio di Orode mi mandò in Italia tutti i suoi figli e i suoi nipoti, non perché fosse stato battuto in guerra, bensì chiedendo la nostra alleanza col pegno dei suoi figli. Ebbero esperienza della lealtà del popolo romano mentre ero principe molti altri popoli, i quali non avevano avuto prima alcun contatto d’alleanza e diplomatico con il popolo romano.

[33] A me gentes Parthorum et Medorum per legatos principes earum gentium reges petitos acceperunt: Parthi Vononem, regis Phratis filium, regis Orodis nepotem, Medi Ariobarzanem, regis Artavazdis filium, regis Ariobarzanis nepotem.

Ebbero re da me i popoli dei parti e dei Medi, che li chiedevano attraverso ambascerie con i maggiorenti di quelle popolazioni: i parti Venone, figlio del re Fraate, nipote del re Orode, i medi Ariobarzane, figlio del re Artavasde, nipote del re Ariobarzane.