Satyricon CXII

Ceterum, scitis quid plerumque soleat temptare humanam satietatem. Quibus blanditiis impetraverat miles ut matrona vellet vivere, iisdem etiam pudicitiam eius aggressus est. Nec deformis aut infacundus iuvenis castae videbatur, conciliante gratiam ancilla ac subinde dicente: “Placitone etiam pugnabis amori?”. Quid diutius moror? Jacuerunt ergo una non tantum illa nocte, qua nuptias fecerunt, sed postero etiam ac tertio die, praeclusis videlicet conditorii foribus, ut quisquis ex notis ignotisque ad monumentum venisset, putasset expirasse super corpus viri pudicissimam uxorem. Ceterum, delectatus miles et forma mulieris et secreto, quicquid boni per facultates poterat coemebat et, prima statim nocte, in monumentum ferebat. Itaque unius cruciarii parentes ut viderunt laxatam custodiam, detraxere nocte pendentem supremoque mandaverunt officio. At miles circumscriptus dum desidet, ut postero die vidit unam sine cadavere crucem, veritus supplicium, mulieri quid accidisset exponit: “nec se expectaturum iudicis sententiam, sed gladio ius dicturum ignaviae suae. Commodaret ergo illa perituro locum, et fatale conditorium familiari ac viro faceret”. Mulier non minus misericors quam pudica: “Ne istud, inquit, dii sinant, ut eodem tempore duorum mihi carissimorum hominum duo funera spectem. Malo mortuum impendere quam vivum occidere”. Secundum hanc orationem iubet ex arca corpus mariti sui tolli atque illi, quae vacabat, cruci affigi. Usus est miles ingenio prudentissimae feminae, posteroque die populus miratus est qua ratione mortuus isset in crucem.

Tra l’altro sapete che cosa, per lo più, suole tentare l’uomo sazio. Con le stesse blandizie che aveva usato per persuadere la donna a voler vivere, il soldato si mise all’assalto anche della pudicizia di quella. Alla casta il giovane non sembrava né brutto né impacciato, tanto che l’ancella cercava di renderglielo simpatico ripetendole sempre: “Combatti anche contro un gradito amore? Non ti ricordi dove vivi?”. Che dire di più? La donna non astenne nemmeno questa parte del corpo, e il soldato vincitore la persuase in tutti e due i sensi. Dunque giacquero non solo quella prima notte, che fu come di nozze, ma anche quella dopo e la terza, chiuse, si capisce, le porte del sepolcro, affinché, chiunque, tra i conoscenti e i non conoscenti, venisse al sepolcro, ritenesse che la pudicissima donna fosse spirata sopra il corpo del marito. Il soldato, intanto, tutto preso dalla libidine della donna ed eccitato da quell’amore segreto, comprava quello che più poteva per le sue possibilità e, appena faceva buio, portava tutto al sepolcro. Ora accadde che i parenti di uno dei crocifissi, vedendo che la sorveglianza era molto diminuita, una notte trassero giù dalla croce il loro congiunto e gli resero le estreme onoranze. Il soldato, occupato in ben altre faccende, quando vide, il giorno dopo, una croce senza più il morto, ben sapendo quello che lo attendeva, corse a narrare la brutta faccenda alla donna e, disperato, senza aspettare di venire giudicato e condannato dai suoi superiori, decise di uccidersi e punire, così, la sua imperdonabile negligenza. Chiese, quindi, che gli fosse preparato, in quel sepolcro un posticino anche per lui: in quel sepolcro che avrebbe così riunito il marito e l’amante. La donna, però, non meno pietosa che casta, gli disse: “Ahimè? Gli dei non permetteranno che io veda, in così breve tempo, le esequie dei due uomini che mi sono stati più cari. È meglio appendere alla croce un morto che lasciar morire un vivo”. E così, detto fatto, fece togliere dal sepolcro il corpo del marito e attaccarlo alla croce che era rimasta libera. Il soldato, tutto contento, mise in atto la trovata di quella donna così saggia e il giorno dopo la gente rimase strabiliata, non riuscendo a capire come il morto avesse fatto a salire sulla croce.