Ad Familiares – 5 – I. Scr. in Gallia citeriore a.u.c. 692

Si vales, bene est. Existimaram pro mutuo inter nos animo et pro reconciliata gratia nec absentem me a te ludibrio laesum iri nec Metellum fratrem ob dictum capite ac fortunis per te oppugnatum iri; quem si parum pudor ipsius defendebat, debebat vel familiae nostrae dignitas vel meum studium erga vos remque publicam satis sublevare: nunc video illum circumventum, me desertum, a quibus minime conveniebat. Itaque in luctu et squalore sum, qui provinciae, qui exercitui praesum, qui bellum gero: quae quoniam nec ratione nec maiorum nostrorum clementia administrastis, non erit mirandum, si vos poenitebit. Te tam mobili in me meosque esse animo non speraram: me interea nec domesticus dolor nec cuiusquam iniuria ab re publica abducet.

Mi farà piacere saperti in buona salute. Considerando il reciproco rispetto che ci lega e i cordiali rapporti ristabilitisi tra noi, non avrei mai creduto di dover essere da te offeso e pubblicamente insultato in mia assenza; né che mio fratello, per una frase, sarebbe stato attaccato da parte tua nella pienezza dei suoi diritti di cittadino. Se poco valeva a difenderlo la sua personale dignità, sarebbero dovuti bastare a tutelarlo o il rango della nostra famiglia o la mia devozione nei confronti nostri e dello stato. Ora vedo chiaramente che lui è caduto in una trappola e che io sono stato abbandonato; e tutto ciò per opera di quelli, cui meno sarebbe convenuto. Ed eccomi in preda all’angoscia e al ludibrio, io che ho la responsabilità di una provincia, di un esercito, della condotta di una guerra. E poiché il nostro comportamento in tale circostanza non è né conforme a ragione né compatibile con la generosità del nostro sangue , nulla di strano se avrete a pentirvene. Non mi aspettavo che i tuoi sentimenti per me e per i miei fossero tanto volubili. Ma intanto non l’afflizione della mia casa, non l’ingiuria di alcuno potranno distogliermi dal servire i pubblici interessi. [Addio].