Quando ci vuole, ci vuole!

Parva et industria formica noctuam reprehendit: «Cur (= Perché) die (= di giorno) dormis et tantum (= soltanto) nocte (= di notte) laboras, cum (= quando) tenebrae terras involvunt et silvarum beluae dormiunt? Stulta et desidiosa es!». Respondet noctua: «Iniurias tuas non tolero!». Sed formica instat: «Cur nocturnas horas profundis? Cur tam (= tanto) inepta es? Cur sedula non es tamquam me (= come me)?». Rursus (= Di nuovo) noctua: «Quam (= Quanto) molesta es!». Sed bestiola rursus iniurias renovat. Tum (= Allora) noctua: «Veni in silvam (= Vieni nel bosco) cum (= quando) luna est et videbis (= vedrai) meae nocturnuae operae causam». Tenebrae descendunt et formica venit. Tum noctua bestiolam deprehendit et dicit: «Curiosas bestias non tolero! Nocte (= di notte) escam quaero: tu (= tu) nunc (= ora) bona esca es mihi (= per me)!». Et statim (= subito) formicam vorat. Sic (= Così) molesta bestiola iniustarum iniuriarum culpam solvit.

Una piccola e laboriosa formica rimprovera una civetta: «Perché di giorno dormi e soltanto di notte lavori, quando le tenebre avvolgono la terra e gli animali dei boschi dormono? Sei sciocca e pigra!». La civetta risponde: «Non sopporto le tue offese!». Ma la formica insiste: «Perché sprechi le ore notturne? Perché sei così inetta? Perché non sei laboriosa come me?». Di nuovo la civetta: «Quanto sei fastidiosa!». Ma l’animaletto ripete nuovamente le offese. Allora la civetta: «Vieni nel bosco quando c’è la luna e vedrai il motivo del mio lavoro notturno». Scendono le tenebre e la formica arriva. Allora la civetta cattura l’animaletto e dice: «Non sopporto gli animali indiscreti! Di notte cerco cibo: tu ora sei un buon cibo per me!». E subito divora la formica. Così il fastidioso animaletto sconta la colpa delle ingiuste offese.