Cicerone rivolge ai giudici le sue accalorate richieste

Ita vos L. Murena, iudices, orat atque obsecrat, si iniuste neminem (“nessuno”) laesit, si nullius (“di nessuno”) aures voluntatemve violavit, sit apud vos modestiae locus, sit demissis hominibus perfugium, sit auxilium pudori. Quaero a vobis utrum spoliatio consulatus neglegentiam an magnam misericordiam habere debeat, iudices; una enim eripiuntur cum (“insieme con”) consulatu omnia. Si hunc vestris sententiis adlixeritis, quo se Murena miser vertet? domumne? ut eam imaginem clarissimi viri, parentis sui, quam paucis ante diebus laureatam in sua gratulatione conspexit, eandem deformatam ignominia lugentemque videat? An ad matrem quae misera sollicita est ne (“di”) eundem paulo post spoliatum omni dignitate conspiciat? Sed quid eius matrem aut domum appello quem nova poena legis et domo et parente et omnium suorum consuetudine conspectuque privat? Ibit (“andrà) igitur in exsilium miser? Quo? ad Orientesne partes in quibus annos multos legatus fuit an se in contrariam partem terrarum abdet? Quae si acerba, si misera, si luctuosa sunt, si alienissima a mansuetudine et misericordia vestra, iudices, conservate populi Romani beneficium, ne virum laude dignum contempseritis, reddite rei publicae consulem, date hoc ipsius pudori, date patri mortuo, date generi et familiae, date etiam Lanuvio, municipio honestissimo, quod in hac tota causa requens maestumque vidistis.

Ad Litteram – Esercizi 1 – Pag.295 n.22 – Cicerone

Così, o giudici, L. Murena vi supplica e vi scongiura, se non ha mai attentato ad alcuno, se non ha mai oltraggiato le orecchie o la libera scelta di alcuno, che presso di voi vi sia posto per la moderazione, vi sia rifugio per gli uomini umili, vi sia aiuto alla riservatezza. Vi chiedo, o giudici, se la privazione del consolato debba comportare indifferenza o grande compassione; tutte le cose, infatti, vengono portate via nello stesso tempo insieme al consolato. Se lo colpirete con i vostri giudizi, dove andrà il povero Murena? a casa? Perché quell’immagine di un uomo illustrissimo, suo padre, che pochi giorni fa ha visto ornata di alloro in suo onore, la stessa veda deformata e piangente per la vergogna? O alla madre che, poveretta, è angosciata di guardare lo stesso (figlio) dopo poco tempo spogliato di ogni dignità? Ma cosa chiedo da sua madre o dalla casa di lui che la nuova pena di legge priva sia della casa, che del genitore, che della familiarità e della vista di tutti i suoi? Andrà dunque in esilio il poveretto? e dove? Dalle parti dell’Oriente nelle quali è stato luogotenente per molti anni o si nasconderà nella parte opposta della terra? Queste cose sono così dure, così penose, così dolorose, così assolutamente estranee alla vostra umanità e misericordia, o giudici; conservate il beneficio al popolo romano, non disprezzate un uomo degno di lode, restituite un console alla repubblica, date questo alla sua riservatezza, datelo al padre morto, alla stirpe e alla famiglia, datelo anche a Lanuvio, municipio onorevolissimo, che in tutto questo processo avete visto compatto e triste.