Lucio Emilio Paolo muore a Canne

Cn. Lentulus tribunus militum cum praetervehens equo sedentem in saxo cruore oppletum consulem vidisset, “Luci Aemili” dixit, “quem unum insontem culpae cladis hodiernae dei respicere debent, cape hunc equum, dum et tibi vires supersunt et comes ego te tollere possum ac protegere. Ne funestam hanc pugnam morte consulis feceris; etiam sine hoc luctus multus est: ne addideris lacrimas lacrimis.” Ad ea consul: “Tu quidem, Cn. Corneli, macte virtute esto; sed exiguum tempus, ut e manibus hostium evaderet, ne absumpseris. Fuge, persuade publice patribus ut (ut… muniant “a fortiicare”) urbem Romanam muniant. Ne obstiteris ne (“che”) ego in hac clade militum meorum exspirem; ne aut reus iterum e consulatu sim aut accusator collegae exsistem, ut alieno crimine innocentiam meam protegam.” Haec eos agentes prius turba fugientium civium, deinde hostes oppresserunt; consulem ignorantes quis esset obruerunt telis, Lentulum in tumultu abripuit equus. Tum undique effuse fugiunt; in minora castra, in maiora, in vicum ipsum Cannas perfugerunt; consul alter Venusiam perfugit.

Ad Litteram – Esercizi 1 – Pag.293 n.20 – Livio

Gneo Lentulo, tribuno dei soldati, avendo visto, passando a cavallo il console coperto di sangue seduto su un sasso, “Lucio Emilio – disse – che gli dei debbono guardare come il solo senza colpa dell’odierna rovina, prendi questo cavallo, mentre ti rimangono le forze e io, come compagno, posso farti salire (a cavallo) e proteggerti. Non rendere funesta questa battaglia con la morte di un console; anche senza questo, vi è un grande lutto; non aggiungere lacrime a lacrime”. A queste parole il console : “Davvero tu, Gneo Cornelio, sii lodato per la tua virtù; ma non perdere il poco tempo (che hai) per sfuggire dalle mani dei nemici. Fuggi, convinci pubblicamente i senatori a fortificare la città di Roma. Non ti fermi che io muoia in questa strage di soldati miei; affinché io non sia accusato nuovamente dopo il consolato o mi faccia accusatore del collega, per salvaguardare la mia innocenza con la colpa altrui”. Mentre dicevano queste cose, prima una moltitudine di cittadini in fuga, poi i nemici li calpestarono; non sapendo chi fosse il console, lo coprirono di dardi, il cavallo, nel tumulto, trascinò Lentulo. Allora fuggirono disordinatamente da ogni parte; si rifugiarono nell’accampamento minore, in quello maggiore, nel paese stesso di Canne; l’altro console si rifugiò a Venosa.