Cortesia del senato romano

Ne Aegyptus quidem Romanae humanitatis expers fuit. Rex eius Ptolomaeus a minore fratre regno spoliatus petendi auxilii gratia cum paucis admodum seruis squalore obsitus Romam uenerat ac se in hospitium Alexandrini pictoris contulerat. id postquam senatui relatum est, accersito iuuene quam potuit accurata excusatione usus est, quod nec quaestorem illi more maiorum obuiam misisset nec publico eum hospitio excepisset, eaque non sua neglegentia, sed ipsius subito et clandestino aduentu facta dixit et illum e curia protinus ad publicos penates deduxit hortatusque est ut depositis sordibus adeundi ipsius diem peteret. quin etiam curae habuit ut ei munera per quaestorem cotidie darentur. his gradibus officiorum iacentem ad regium fastigium erexit effecitque ut plus spei in auxilio populi Romani quam metus in sua fortuna reponeret.

Neppure l’Egitto rimase escluso da prove di romana gentilezza. Il re Tolemeo, privato del regno da suo fratello minore, era venuto a Roma con pochissimi servi, malvestito e malconcio, per chiedere aiuto e si era recato ad alloggiare in casa di un pittore di Alessandria. Il senato, venuto a conoscenza della cosa, mandò a chiamare il giovane, gli fece le scuse più premurose possibili per non avergli mandato incontro, secondo l’antico cerimoniale, un questore e per non averlo ospitato in un pubblico alloggio, e dichiarò che le cose erano andate così non per propria trascuratezza, ma per il suo arrivo improvviso e clandestino. Lo fece poi accompagnare immediatamente dalla Curia in un pubblico albergo e lo esortò a rivestirsi come esigeva il suo rango e a fissare un giorno per l’udienza nella Curia. Anzi ebbe cura ch’egli ricevesse giornalmente da un questore una certa somma di danaro. Con questa gradualità di onorevoli servigi sollevò l’avvilito re ai fastigi della sua naturale condizione e fece in modo che riponesse più speranza nell’aiuto del popolo romano che timore nella sua avversa fortuna.