Attentato contro Cicerone

Igitur perterritis ac dubitantibus ceteris C. Cornelius eques Romanus operam suam pollicitus et cum eo L. Vargunteius senator constituere ea nocte paulo post cum armatis hominibus sicuti salutatum introire ad Ciceronem ac de inproviso domi suae inparatum confodere. Curius ubi intellegit, quantum periculum consuli inpendeat, propere per Fulviam Ciceroni dolum, qui parabatur, enuntiat. Ita illi ianua prohibiti tantum facinus frustra susceperant. Interea Manlius in Etruria plebem sollicitare egestate simul ac dolore iniuriae novarum rerum cupidam, quod Sullae dominatione agros bonaque omnis amiserat, praeterea latrones cuiusque generis, quorum in ea regione magna copia erat, nonnullos ex Sullanis coloniis, quibus lubido atque luxuria ex magnis rapinis nihil reliqui fecerat.

Allora, essendo tutti gli altri spaventati ed esitanti, C. Cornelio, un cavaliere Romano che aveva offerto la sua opera, e con lui il senatore L. Vargunteio, decisero poco dopo, quella stessa notte, di presentarsi con degli uomini armati da Cicerone con la scusa di salutarlo e, coltolo alla sprovvista, di ucciderlo nella sua casa. Curio, quando capisce quanto pericolo incombe sul console, attraverso Fulvia informa prontamente Cicerone dell’agguato che si preparava. Così quelli si videro sbarrate le porte e si erano esposti inutilmente a un tale misfatto. Nel frattempo Manlio in Etruria istigava la plebe, desiderosa di cambiamenti allo stesso tempo per la miseria e per il risentimento dell’ingiustizia subita, poiché, durante la dittatura di Silla, aveva perso i campi e tutti i suoi beni; inoltre istigava i ladri di qualsiasi genere, di cui in quella regione c’era grande abbondanza, e alcuni coloni Sillani, ai quali, per dissolutezza e lussuria, non era rimasto nulla di ciò che avevano rubato.