Discorso di Giugurta a Bocco

Igitur in locum ambobus placitum exercitus conveniunt. Ibi fide data et accepta Iugurtha Bocchi animum oratione adcendit: Romanos iniustos, profunda  avaritia, conmunis omnium hostis esse; eandem illos  causam belli cum Boccho habere, quam secum et cum  aliis gentibus, lubidinem imperitandi, quis omnia regna  advorsa sint; tum sese, paulo ante Carthaginiensis, item  regem Persen, post uti quisque opulentissumus videatur, ita Romanis hostem fore. His atque aliis talibus dictis ad Cirtam oppidum iter constituunt, quod . . . ibique  Metellus praedam captivosque et inpedimenta locaverat.  Ita Iugurtha ratus aut capta urbe operae pretium fore  aut, si Romanus auxilio suis venisset, proelio sese certaturos. Nam callidus id modo festinabat, Bocchi pacem  inminuere, ne moras agitando aliud quam bellum mallet.

Gli eserciti s’incontrano dunque in un luogo convenuto. Ivi, scambiatisi i giuramenti, Giugurta infiamma con le sue parole l’animo di Bocco: “I Romani sono ingiusti, avidi ed insaziabili, nemici del genere umano, ostili a Bocco per la stessa ragione per cui lo sono a lui e alle altre genti: la libidine d’imperio, grazie a cui tutti i re son loro nemici. Oggi lui, poco prima i Cartaginesi e così pure il re Perseo; di mano in mano che un popolo sembri loro farsi potente, per i Romani è un nemico”. Con questi e altri detti, stabiliscono di marciare su Cirta, perché colà Metello aveva stanziato il bottino, i prigionieri e i bagagli. Giugurta pensava: o si prende la città, e ne vale la pena; o il duce Romano viene in aiuto ai suoi, e allora gli si darà battaglia. Astuto com’era, mirava sopra tutto a impedire ogni accordo di Bocco con Roma, nel timore che l’indugio non gli facesse preferire altra cosa alla guerra.