Giugurta: uno straniero corrotto dai Romani

Ea tempestate in exercitu nostro fuere complures novi atque nobiles, quibus divitiae bono honestoque potiores erant, factiosi domi, potentes apud socios, clari magis quam honesti, qui Iugurthae non mediocrem animum pollicitando accendebant, si Micipsa rex occidisset, fore uti solus imperi Numidiae potiretur: adfirmabant in ipso maxumam virtutem, Romae omnia venalia esse. Sed postquam Numantia deleta P. Scipio dimittere auxilia et ipse revorti domum decrevit, donatum atque laudatum magnifice pro contione Iugurtham in praetorium abduxit ibique secreto monuit, ut potius publice quam privatim amicitiam populi Romani coleret neu quibus largiri insuesceret: dixit ei periculose a paucis emi quod multorum esset et, si permanere vellet in suis artibus, ultro illi et gloriam et regnum venturum; sin properantius pergeret, suamet ipsum pecunia praecipitem casurum esse. Sic locutus cum litteris eum, quas Micipsae redderet, dimisit.

Sallustio

In quel periodo nel nostro esercito vi furono molti uomini nuovi e nobili, per i quali erano più importanti le ricchezze che le buone qualità e l’onestà, uomini intriganti in patria, influenti presso gli alleati, più rinomati che degni di stima, i quali infiammavano l’animo ambizioso di Giugurta promettendogli che, se fosse morto il re Micipsa, solo lui si sarebbe impadronito del dominio della Numidia: affermavano che in lui vi erano le più grandi capacità, che a Roma tutto era in vendita. Ma quando Publio Scipione, distrutta Numanzia, decise di congedare le milizie ausiliarie e di ritornare in patria, una volta ricompensato e lodato magnificamente Giugurta al cospetto dell’esercito, lo condusse nel pretorio e là da solo a solo lo ammonì a coltivare l’amicizia del popolo Romano pubblicamente piuttosto che privatamente e ad abituarsi a non distribuire regalie ad alcuno: disse che era per lui pericoloso comprare da pochi ciò che era di molti, se avesse voluto proseguire nelle sue buone qualità, sarebbero naturalmente arrivati per lui sia la gloria che il regno; se avesse agito troppo in fretta, proprio il suo denaro lo avrebbe fatto cadere nel precipizio. Dopo avergli parlato in questo modo, lo lasciò andare con una lettera, affinché la consegnasse a Micipsa.