Invorruttibilità di Epaminonda

Tentata est Epaminondae abstinentia a Diomedonte Cyziceno: namque is, rogatu Artaxersis regis, pecunia illum corrumpere conatus est. Hic magno cum pondere auri Thebas venit et Micythum adulescentulum, quem tum Epaminondas plurimum diligebat, quinque talentis ad suam perduxit voluntatem. Micythus Epaminondam convenit et causam adventus Diomedontis ostendit. At ille Diomedonti coram: «Nihil – inquit – mihi pecunia opus est: nam si rex ea vult, quae Thebanis sunt utilia, gratis facere paratus sum, sin autem contraria, non habet auri atque argenti satis. Namque orbis terrarum divitias accipere nolo pro patriae caritate. Tu quod me incognitum tentasti tuique similem existimasti, non miror tibique ignosco; sed egredere propere, ne alios corrumpas, cum me non potueris. Et tu, Micythe, argentum huic redde, aut, nisi id confestim facis, ego te tradam magistratui».

Cornelio Nepote

L’integrità di Epaminonda fu messa alla prova da Diomedonte di Cizico: infatti egli, dietro richiesta del re Artaserse, tentò di corromperlo con una somma di denaro. Costui giunse a Tebe con una grande quantità di oro e con cinque talenti attrasse dalla propria parte il giovinetto Micito, che in quel momento Epaminonda aveva molto a cuore. Micito incontrò Epaminonda e gli spiegò il motivo dell’arrivo di Diomedonte. Ma quello davanti a Diomedonte: “Non c’è – disse – affatto bisogno di denaro: infatti se il re vuole delle cose, che sono vantaggiose per i Tebani, sono pronto a farle gratuitamente, se invece sono dannose, non ha sufficiente oro e argento. Infatti non sono disposto a ricevere tutte le ricchezze del mondo in cambio dell’amore per la patria. Tu, poiché ti sono sconosciuto, mi hai tentato e mi hai giudicato simile a te, non me ne stupisco e ti perdono; ma vattene subito, per non corrompere altri, non avendo potuto corrompere me. E tu, Micito, restituisci a costui il denaro, o altrimenti, se non lo fai immediatamente, io ti consegnerò al magistrato”.