La gratitudine non è una cosa facile

Nemo autem esse gratus potest nisi contempsit ista propter quae vulgus insanit: si referre vis gratiam, et in exilium eundum est et effundendus sanguis et suscipienda egestas et ipsa innocentia saepe maculanda indignisque obicienda rumoribus. Non parvo sibi constat homo gratus. Nihil carius aestimamus quam beneficium quamdiu petimus, nihil vilius cum accepimus. Quaeris quid sit quod oblivionem nobis acceptorum faciat? cupiditas accipiendorum; cogitamus non quid inpetratum sed quid petendum sit. Abstrahunt a recto divitiae, honores, potentia et cetera quae opinione nostra cara sunt, pretio suo vilia. Nescimus aestimare res, de quibus non cum fama sed cum rerum natura deliberandum est; nihil habent ista magnificum quo mentes in se nostras trahant praeter hoc, quod mirari illa consuevimus.

Esperienze di traduzione – Pag.191 n.19 – Seneca

Nessuno poi può mostrarsi grato se non disprezza quelle avversità a causa delle quali il popolino precipita nel terrore: se vuoi dimostrare la tua riconoscenza, devi essere pronto ad andare in esilio, a versare il tuo sangue, ad accollarti la miseria, spesso a macchiare la tua stessa onestà e ad esporti a immeritate calunnie. La gratitudine costa molto. Noi, quando chiediamo un favore, lo valutiamo moltissimo, quando poi lo abbiamo ottenuto, lo disprezziamo. Vuoi sapere che cosa ci fa dimenticare i benefici ricevuti? La smania di quelli che dobbiamo ricevere; non pensiamo a quanto abbiamo ottenuto, ma a quanto dobbiamo chiedere. Ci distolgono dalla retta via la ricchezza, gli onori, il potere e gli altri beni che riteniamo preziosi e che invece valgono poco. Non sappiamo valutare cose che vanno giudicate non in base all’opinione comune, ma in base alla natura. In esse non c’è niente di magnifico che possa attirarci tranne la nostra abitudine ad ammirarle.