La tragica morte di Archimede a Siracusa

Odium inter homines propter bella ruinam urbibus et mortem viris semper dat et saepe gravitas iacturarum et eversionum intellegitur cum iam hostes hostibus damna sine remedio fecerunt. Audi clarum exemplum de hac (“questa”, abl. sing.) quaestione. Romani Syracusas, claram urbem in Sicilia, oppugnabant; Marcellus, Romanorum dux, a Syracusanis impediebatur per Archimedem, virum doctum et callidum: nam, simul ac Marcellus a ponto in moenia militibus classis incursionem imperabat, semper Archimedes Romanorum naves miris machinis delebat. Tandem vere tertio Romani in oppidum intraverunt sed, postquam urbem ceperant, Marcelli voluntate, urbem non vastaverunt neque captivos torserunt; Marcellus maxime Archimedis salutem quaesiverat, quia inventoris artem valde existimabat. Vir in horto suo erat et, dum in arena circulos describit, miles Romanus pervenit, virum doctum non agnovit et de nomine interrogavit. At Archimedes, dum humi digito signa delineat, respondit: “Noli turbare (“non rovinare”) circulos meos.” Tunc iratus miles, antequam cognoverat hominem, ut superbum responsum audivit, Archimedis corpus gladio percussit et scelere virum interfecit.

Ad Litteram – Esercizi 1 – Pag.109 n.30 – Valerio Massimo

L’odio fra gli uomini per le guerre da sempre la rovina alle città e la morte agli uomini e spesso la gravità delle perdite e dei rivolgimenti si comprende quando ormai i nemici hanno prodotto ai nemici danni senza rimedio. Ascolta un chiaro esempio di questo problema. I Romani assediavano Siracusa, città famosa in Sicilia; Marcello, comandante dei Romani, era ostacolato da Archimede, uomo dotto ed astuto: infatti, non appena Marcello ordinava un attacco dal mare ai soldati della flotta contro le mura, Archimede distruggeva sempre le navi dei Romani con mirabili macchine. Tuttavia alla terza primavera i Romani entrarono in città ma, dopo che avevano preso la città, per volontà di Marcello, non devastarono l’abitato e non maltrattarono i prigionieri; Marcello aveva cercato soprattutto la salvezza di Archimede, perché stimava moltissimo l’abilità dell’inventore. L’uomo si trovava nel suo giardino e, mentre disegnava cerchi nella polvere, sopraggiunse un soldato Romano, non riconobbe lo scienziato e gli chiese come si chiamasse. Ma Archimede, mentre tracciava dei segni sul terreno con un dito, rispose: “Non rovinare i miei cerchi”. Allora il soldato irato, prima di aver riconosciuto l’uomo, quando udì l’altezzosa risposta, colpì il corpo di Archimede con la spada e per scelleratezza uccise l’uomo.