Marcello rimprovera i suoi soldati dopo una sconfitta

Marcellus, postquam in castra reditum est, contionem adeo saevam atque acerbam apud milites habuit ut proelio tristior iis irati ducis oratio esset. “Dis immortalibus a nobis gratulandum est quod victor hostis, incidentibus vobis in vallum portasque, non ipsa castra est adgressus. Qui pavor hic, qui terror animos cepit? Iidem sunt hi hostes quos vincendo et victos sequendo priorem aestatem absumpsistis, quibus dies noctesque fugientibus per hos dies institistis, quos levibus proeliis fatigavistis, quos hesterno die nec iter facere nec castra ponere passi estis. Mihi dicenda sunt pauca de iis rebus. Adhuc caesis legionibus Romanis ab Hannibale gloriandum erat: vos illi hodierno die primum fugati exercitus dedistis decus”. Clamor inde ortus ut veniam eius diei daret: “Ego vero experiar,” inquit “milites, et vos crastino die in aciem educam, quod vobis victoribus potius quam victis impetranda est venia quam petitis.” Ita contio dimissa est; milites dicebant illo die neminem in acie Romana fuisse virum praeter unum ducem, cui aut morte satisfaciendum aut egregia victoria esset. Postero die ornati armatique ad edictum aderant. Imperator dicit omnibus pugnandum ac vincendum esse et adnitendum singulis universisque ne prius hesternae fugae quam hodiernae victoriae fama Romam perveniat.

Ad Litteram – Esercizi 1 – Pag.393 n.23 – Livio

Marcello, dopo che si tornò negli accampamenti, tenne ai soldati un discorso tanto duro ed aspro che l’orazione del comandante pieno d’ira risultò per essi più infausta della battaglia. “Dobbiamo ringraziare gli dei immortali perché il nemico vincitore, mentre voi vi precipitavate dietro lo steccato e le porte, non abbia assalito gli accampamenti stessi. Quale sgomento qui, quale terrore invase gli animi? Questi sono gli stessi nemici sconfiggendo i quali ed inseguendoli dopo averli sconfitti passaste la scorsa estate, che avete incalzato giorno e notte mentre fuggivano in questi giorni, che avete stancato con piccoli scontri, che non avete permesso ieri né che procedessero marciando né che mettessero su gli accampamenti. Ho poco da dire su queste cose. Finora da parte di Annibale ci si doveva vantare di avere fatto a pezzi le legioni romane: voi oggi per la prima volta (gli) avete dato il vanto di avere messo in fuga l’esercito”. Si levò allora un grido che (li) perdonasse per quel giorno: “Io, in verità, (vi) metterò alla prova – disse – o soldati, e domani vi condurrò sul campo di battaglia, perché da voi vincitori, piuttosto che da voi vinti, sia ottenuto quel perdono che chiedete”. Così l’assemblea fu sciolta; i soldati dicevano che quel giorno nell’esercito romano non vi era alcun vero uomo tranne il solo comandante, al quale bisognava dare soddisfazione o con la morte o con una straordinaria vittoria. Il giorno successivo si presentavano equipaggiati e armati in seguito all’ordine (ricevuto). Il comandante supremo dichiara che tutti devono combattere e vincere e si devono sforzare singolarmente e tutti insieme affinché la notizia della fuga del giorno prima non giunga a Roma prima della vittoria del giorno in corso.