Momenti di disperazione

Ome perditum, o afflictum! Quid nunc rogem te ut venias, mulierem aegram et corpore et animo confectam? Non rogem? sine te igitur sim? Opinor, sic agam: si est spes nostri reditus, eam confirmes et rem adiuves; sin, ut ego metuo, transactum est quoquo modo potes, ad me fac venias. Unum hoc scito: si te habebo, non mihi videbor plane, perisse. Sed quid Tulliola mea fiet? Iam id vos videte; mihi deest consilium. Sed certe, quoquo modo res se habebit, illius misellae et matrimonio et famae serviendum est. Cicero meus quid aget? Iste vero sit in sinu semper et complexu meo. Non queo plura iam scribere; impedit maeror. Tu quid egeris nescio; utrum aliquid teneas an, quod metuo, plane sis spoliata. Tu quod me hortaris ut animo sim magno et spem habeam recuperandae salutis, id velim sit eius modi ut recte sperare possimus. Quod reliquum est, sustenta te, mea Terentia, ut potes honestissime. Viximus, floruimus; non vitium nostrum sed virtus nostra nos afflixit.

Maiorum Lingua C

Sono rovinato, sono sconsolato! Perché dovrei chiederti di venire, o moglie malata nel corpo e nell’animo? Non dovrei? Stare dunque senza di te? Credo, così faro: se c’è speranza di un nostro ritorno, la potresti rassicurare e consolare del fatto; ma se, come temo, tutto si è già compiuto, fa’ in modo di venire da me, in qualsiasi modo tu possa. Sappi solo questo: se ti avrò, sembrerà certo che non sono morto. Ma che ne sarà della mia piccola Tullia? Già lo vedete: mi manca un progetto. Ma di certo, in qualunque condizione sarà la situazione, bisogna provvedere alla sua poveretta, al matrimonio e al buon nome. Che farà il mio Cicerone? Potrebbe essere sempre tra le mie braccia e sul mio grembo. Non posso ormai scrivere di più: me lo impedisce la tristezza. Non so che cosa tu abbia fatto: se tenere qualcosa oppure, come temo, se ti sei privata totalmente di ogni cosa. Dal momento che mi esorti ad essere forte e a sperare di guarire, vorrei che entrambi possiamo egualmente sperare una cosa di tal genere. Quanto al resto, fatti forza, Terenzia mia, come tu puoi fare in maniera assai dignitosa. Abbiamo vissuto, siamo fioriti: ci tormenta non un nostro difetto, ma le nostre doti.