Plinio ha acquistato una statua

C. Plinius Annio Severo suo s.
Ex hereditate quae mihi obvenit, emi proxime Corinthium signum, modicum quidem sed festivum et expressum, quantum ego sapio, qui fortasse in omni re, in hac certe perquam exiguum sapio: hoc tamen signum ego quoque intellego. Est enim nudum, nec aut vitia si (“se”) qua sunt celat, aut laudes parum ostentat. Effingit senem stantem; ossa musculi nervi, venae rugae etiam ut spirantis apparent; rari et cedentes capilli, lata frons, contracta facies, exile collum; pendent lacerti, papillae iacent, venter recessit. Aes ipsum, quantum verus color indicat, vetus et antiquum; talia denique omnia, ut possint artificum oculos tenere, delectare imperitorum. Quod me quamquam tirunculum sollicitavit ad emendum. Emi autem non ut haberem domi (neque enim ullum adhuc Corinthium domi habeo), verum ut in patria nostra celebri loco ponerem, ac potissimum in Iovis templo; videtur enim dignum templo; dignum templo; dignum deo donum.

Plinio il Giovane

Gaio Plinio saluta il suo Annio Severo.
In seguito ad un’eredità che mi è toccata in sorte, ho recentissimamente acquistato una statua di Corinto, certamente non grande, ma graziosa e ben rifinita, per quanto ne capisca io, che ho forse conoscenza in ogni campo, ma in questo senza dubbio assolutamente poca: tuttavia anch’io so apprezzare questa statua. È infatti nuda, non nasconde difetti, se alcuni ve ne siano, e mostra non pochi pregi. Riproduce una vecchia ritta in piedi; le ossa i muscoli i nervi, le vene anche le rughe appaiono come quelli di un vivo; i capelli radi e sfibrati, la fronte spaziosa, il volto raggrinzito, il collo sottile; le braccia sono flaccide, le mammelle cadenti, il ventre rientrante. Lo stesso bronzo, per quanto rivela il colore autentico, è vecchio e antico; in breve tutto è tale da poter attirare lo sguardo degli artisti, dilettare quello degli incompetenti. E questo mi spinse, sebbene principiante, a comprarla. Ma l’ho acquistata non per tenerla in casa (infatti fino ad ora non ho in casa nessun oggetto di Corinto), ma per collocarla in un luogo frequentato nella nostra patria, e preferibilmente nel tempio di Giove; sembra infatti degna di un tempio; un dono degno di un dio.