Terribili presagi per un destino ineluttabile

Non sinit nos de se silentium agere M. Crassus, qui inter gravissimas Romani imperii iacturas numerari debet, plurimis et evidentissimis ante tantam ruinam monstrorum pulsatus ictibus. Ducturus erat a Carris adversus Parthos exercitum. Qua de causa pullum ei forte traditum sit paludamentum, cum in proelium exeuntibus album aut purpureum dari soleat, ostendi non potest: certe, cum hoc vidissent, maesti et taciti milites ad principia convenerunt, qui vetere instituto cum clamore alacri adcurrere debebant. Aquilarum altera vix convelli a primo pilo potuit, altera, aegerrime extracta, in contrariam ac ferebatur partem se ipsa convertit. Cn. etiam Pompeium Iuppiter abunde monuerat ne cum C. Caesare belli fortunam temptare contenderet: exeunti a Dyrrachio agmini eius adversa fulmina primum iactans, examinibus apium signa obscuravit, subita iam tristitia implicatis militum animis, postquam ab ipsis altaribus hostiae confugerant. Cur invictae leges necessitudinis non permiserint eius pectus, alioquin procul amentia, prodigia ista perpendere iusta aestimatione, non licet humanis cognoscere. Itaque, dum illa omina elevat, omnia bona et ornamenta, quae ab ineunte adulescentia usque ad invidiam contraxerat, spatio unius diei confregit.

Valerio Massimo

Marco Crasso, che deve essere annoverato tra le più gravi sciagure dell’impero Romano, turbato da moltissimi ed evidentissimi colpi di prodigi, prima di una tanto grande rovina, non lascia che tacciamo di lui. Da Carre stava per condurre l’esercito contro i Parti. Non può essere spiegato per quale motivo gli fu consegnato per caso un mantello scuro, mentre a quelli che vanno in battaglia suole essere dato bianco o rosso: certamente, dopo che ebbero visto ciò, i soldati, che dovevano attaccare con un forte urlo di guerra secondo l’antica consuetudine, si radunarono nelle prime file mesti e silenziosi. Una delle insegne a stento poté essere divelta dal primo ufficiale, l’altra, staccata con molta difficoltà, si volse in direzione contraria a quella verso la quale era portata. Giove aveva ampiamente avvertito anche Gneo Pompeo a non avviarsi a tentare la sorte di guerra con Gaio Cesare: scagliando in un primo momento fulmini in direzione contraria a quella del suo esercito che usciva da Durazzo, oscurò le insegne con sciami di api, dopo che ebbe già turbato gli animi dei soldati con un’improvvisa tristezza, dal momento che le vittime erano fuggite dagli stessi altari. Non è permesso conoscere agli umani perché le leggi invincibili dell’ineluttabilità non abbiamo permesso che il suo animo, diversamente lontano dalla dissennatezza, valutasse attentamente questi prodigi con una giusta stima. Pertanto, mentre sminuiva quei presagi, nel giro di un solo giorno annientò tutti i beni e i lustri, che si era guadagnato dalla giovinezza fino all’ostilità.