Un sogno fatale

Apud Actium M. Antonii fractis opibus, Cassius Parmensis, qui partes eius secutus fuerat, Athenas confugit. Ubi concubia nocte, cum sollicitudinibus et curis mente sopita in lectulo iaceret, exsistimavit ad se venire hominem ingentis magnitudinis, coloris nigri, squalidum barba et capillo demisso, interrogatumque quisnam esset respondisse: ‘Malum genium”. Perterritus deide tam taetro visu et nomine horrendo, servos inclamavit sciscitatusque est ecquem talis habitus aut intrantem cubiculum aut exeuntem vidissent. Quibus affirmantibus neminem illuc accessisse, iterum quieti et somno se dedit: atque eadem animo eius observata est species. Itaque fugato somno, somnium magni ducens, lumen intro ferri iussit puerosque a se discedere vetuit. Inter hanc noctem et supplicium capitis, quo eum Caesar affecit, paululum admodum temporis intercessit.

Fatti e detti memorabili 1. 7

Dopo che l’esercito di Marc’Antonio fu distrutto ad Azio, Cassio Parmense, che aveva seguito il suo partito, si rifugiò ad Atene. Qui, nel cuore della notte, mentre giaceva nel letto con la mente gravata da un sonno pieno di incubi e di ansie (lett.: con la mente addormentata con incubi e ansie), credette che un uomo di statura gigantesca, di pelle nera, con la barba lunga ed i capelli arruffati (lett.: orrido per la barba ed i capelli incolti) gli si avvicinasse, e, alla domanda (lett.:  interrogato) chi mai fosse, rispondesse (lett.: avesse risposto): “Il (tuo) cattivo genio”. Atterrito dunque da una così orrenda visione e dal nome orrenda, chiamò a gran voce i servi e domandò se avessero (per caso) visto qualcuno di tale aspetto entrare nella (sua) camera da letto o uscirne. Ma, dicendo essi che là non si era avvicinato nessuno, di nuovo si abbandonò alla quiete e al sonno e riebbe la stessa visione (lett.: la medesima visione fu vista dalla sua mente). Pertanto, svegliatosi completamente, stimando il sogno di grande importanza, si fece portare in camera un lume e vietò ai servi di allontanarsi da lui. Fra questa notte e il supplizio capitale, cui Cesare lo condannò, passò pochissimo tempo.