Una richiesta di difesa rifiutata

Veniebat ad me, et saepe veniebat Autronius, multis cum lacrimis, supplex, ut a me defenderetur, et se meum condiscipulum in pueritia, familiarem in adulescentia, collegam in quaestura commemorabat fuisse. Multa mea beneficia in se, nonnulla etiam sua in me proferebat. Quibus rebus ita flectebar animo atque frangebar, ut iam iniuriarum, quas mihi ipsi fecerat, obliviscerer: immiserat enim C. Cornelium, qui in sedibus meis, in conspectu uxoris ac liberorum meorum me trucidaret. Sed cum mihi patriae, cum vestrorum periculorum, cum huius urbis, cum illorum delubrorum atque templorum, cum puerorum infantium, cum matronarum ac virginum veniebat in mentem ei resistebam, neque solum illi hosti et parricidae, sed etiam his illius propinquis, Marcellis, patri et filio, quorum alter parentis gravitatem, alter filii suavitatem apud me obtinebat (aveva per me).

Valerio Massimo

Veniva da me, e veniva spesso Autronio, con molte lacrime, supplichevole affinché io lo difendessi, e ricordava di essere stato mio compagno di scuola durante l’infanzia, mio amico durante l’adolescenza, mio collega nella questura. Menzionava molti miei favori nei suoi confronti, anche alcuni suoi nei miei. Ero così commosso e vinto nell’animo da queste parole, da dimenticare anche gli affronti che mi aveva fatto: aveva infatti mandato di nascosto Gaio Cornelio ad uccidermi nella mia abitazione, sotto gli occhi di mia moglie e dei miei figli. Ma quando mi ricordavo della patria, dei vostri pericoli, di questa città, di quei santuari e templi, dei teneri fanciulli, delle matrone e delle giovinette, gli resistevo, e non solo a quell’avversario e nemico della patria, ma anche a questi suoi parenti, ai Marcello, padre e figlio, l’uno dei quali aveva per me il valore di un padre, l’altro la dolcezza di un figlio.