Accontentiamoci di quanto gli dei ci hanno dato

Quam iniqui sunt divinorum munerum aestimatores et quidem professi sapientiam! Queruntur, quod non magnitudine corporum aequemus elephantos, velocitate cervos, levitate aves, inpetu tauros, quod solida sit cutis beluis, decentior dammis, densior ursis, mollior fibris, quod sagacitate nos narium canes vincant, quod acie luminum aquilae, spatio aetatis corvi, multa animalia nandi facilitate. Et cum quaedam ne coire quidem in idem natura patiatur, ut velocitatem corporum et vires, ex diversis ac dissedentibus bonis homine non esse conpositum iniuriam vocant et neglegentes nostri deos, quod non bona valetudo data sit, quod non futuri scientia.

Come sono ingiusti gli estimatori dei doni divini e che hanno per di più professato la saggezza! Si lamentano che non eguagliamo in grandezza dei corpi gli elefanti, in velocità i cervi, in leggerezza gli uccelli, in ardore i tori, che le bestie abbiano una pelle più compatta, i daini più elegante, gli orsi più folta, i castori più morbida, che i cani ci superino nella finezza del fiuto, le aquile nell’acutezza della vista, i corvi nella durata della vita, molti animali nella facilità a nuotare. E nonostante la natura non permetta che alcune (qualità) coesistano in uno stesso (animale), come l’agilità e le forze fisiche, definiscono offesa che l’uomo non sia costituito da qualità diverse e incompatibili e (definiscono) negligenti i nostri dèi, poiché non ci è stato dato un buon stato di salute, la conoscenza del futuro.