Anche la politica e la guerra esigono lealtà

Cum rex Pyrrhus populo Romano bellum ultro intulisset cumque de imperio certamen esset cum rege generoso ac potente, perfuga ab eo venit in castra Fabricii eique est pollicitus, si praemium sibi proposuisset, se, ut clam venisset, sic clam in Pyrrhi castra rediturum et eum veneno necaturum. Hunc Fabricius reducendum curavit ad Pyrrhum idque eius factum laudatum a senatu est. Atqui si speciem utilitatis opinionemque quaerimus, magnum illud bellum perfuga unus et gravem adversarium imperii sustulisset, sed magnum dedecus et flagitium, quicum laudis certamen fuisset, eum non virtute, sed scelere superatum. Utrum igitur utilius vel Fabricio, qui talis in hac urbe qualis Aristides Athenis fuit, vel senatui nostro qui numquam utilitatem a dignitate seiunxit, armis cum hoste certare an venenis? Si gloriae causa imperium expetendum est, scelus absit, in quo non potest esse gloria; sin ipsae opes expetuntur quoquo modo, non poterunt utiles esse cum infamia.

Cicerone

Dopo che il re Pirro aveva mosso guerra al popolo Romano senza essere stato provocato, e mentre aveva luogo una lotta per il dominio contro un re nobile e potente, un disertore (da lui) andò nell’accampamento di Fabrizio e gli promise, se gli avesse offerto una ricompensa, di ritornare nell’accampamento di Pirro di nascosto così come di nascosto era venuto, e di ucciderlo col veleno. Fabrizio lo fece ricondurre da Pirro e questo suo gesto fu lodato dal senato. Eppure se consideriamo l’idea e l’opinione comune di utilità, un solo disertore avrebbe tolto di mezzo quella grande guerra e un duro avversario dell’impero, ma sarebbe stato un grande disonore e una grande infamia che venisse vinto non con il valore, ma con il delitto colui con il quale si lottava per la gloria. Allora, sarebbe stato più vantaggioso sia per Fabrizio, che in questa città fu come Aristide ad Atene, sia per il nostro senato, che non separò mai l’utilità dalla dignità, combattere contro il nemico con le armi o con i veleni? Se si deve aspirare al dominio per la gloria, si tenga lontano il delitto, nel quale non può esserci gloria; se invece si brama il potere di per sè in qualunque modo, non potrà essere utile col disonore.