Anche uno schiavo può essere libero

Ita non ideo beneficium non est, quia a servo profectum est, sed ideo maius, quia deterrere ab illo ne servitus quidem potuit. Errat, si quis existimat servitutem in totum hominem descendere. Pars melior eius excepta est: corpora obnoxia sunt et adscripta dominis, mens quidem sui iuris est, quae adeo libera et vaga est, ut ne ab hoc quidem carcere, cui inclusa est, teneri queat, quominus inpetu suo utatur et ingentia agat et in infinitum comes caelestibus exeat. Corpus itaque est, quod domino fortuna tradidit; hoc emit, hoc vendit; interior illa pars mancipio dari non potest. Ab hac quidquid venit, liberum est; nec enim aut nos omnia iubere possumus aut in omnia servi parere coguntur: contra rem publicam imperata non facient, nulli sceleri manus commodabunt. Quaedam sunt, quae leges nec iubent nec vetant facere; in iis servus materiam beneficii habet.

Seneca

Non per questo un beneficio non è tale, poiché è stato compiuto da uno schiavo, ma per questo anche più grande, poiché neppure la schiavitù poté distoglierlo da quello. Sbaglia, se qualcuno pensa che la schiavitù pervada l’uomo interamente. La sua parte migliore ne è esclusa: i corpi sono vincolati e attribuiti ai padroni, la mente è senza dubbio padrona di sé, la quale è a tal punto libera e vagante, che nemmeno da questo carcere, nel quale è rinchiusa, può essere trattenuta dall’usare il suo ardore e dal compiere cose immense e dall’andare nell’infinito come compagna dei celesti. Pertanto è il corpo, ciò che la sorte assegna ad un padrone; questo compra, questo vende; quella parte più profonda non può essere data in proprietà. Tutto ciò che da questa proviene, è libero; né infatti noi possiamo ordinare ogni cosa, nè gli schiavi sono costretti ad obbedire ad ogni cosa: non eseguiranno ordini contro lo stato, non si presteranno ad alcun crimine. Vi sono delle cose che le leggi nè impongono nè proibiscono di fare; fra queste lo schiavo fornisce un argomento per il beneficio.