Botta e risposta tra Cesare e Divicone

Caesar ut reliquas copias Helvetiorum consequi posset, pontem in Arari faciendum curat atque ita exercitum traducit. Helvetii repentino eius adventu commoti, cum id quod ipsi diebus XX aegerrime confecerant ut flumen transirent, illum uno die fecis se intellegerent, legatos ad eum mittunt. Cuius legationis Divico princeps fuit, qui bello Cassiano dux Helvetiorum fuerat. Is ita cum Caesare egit: si pacem populus Romanus cum Helvetiis faceret, in eam partem ituros atque ibi futuros Helvetios ubi eos Caesar constituisset atque esse voluisset; sin bello persêqui perseveraret, reminisceretur et veteris incommodi populi Romani et pristinae virtutis Helvetiorum. His Caesar ita respondit: si obsides ab iis sibi dentur, ut ea quae polliceantur facturos intellegat, et si Haeduis (satisfaciant) de iniuriis quas ipsis sociisque eorum intulerint, item si Allobrogibus satisfaciant, sese cum iis pacem esse facturum. Divico respondit: ita Helvetios a maioribus suis institutos esse ut obsîdes accipere, non dare consuerint (= consueverint); eius rei populum Romanum esse testem. Hoc responso dato discessit.

Maiorum Lingua

Cesare, per poter raggiungere il resto delle truppe degli Elvezi, fece costruire un ponte sul fiume Arari e fece attraversare così l’esercito. Gli Elvezi, turbati dall’improvviso suo arrivo, poiché capivano che lui aveva fatto in un solo giorno ciò che loro in venti giorni avevano compiuto con molta difficoltà per attraversare il fiume, gli inviarono rappresentanti. A capo di questa delegazione fu Divicone, il quale era stato capo degli Elvezi durante la guerra di Cassio. Così si comportò con Cesare: se il popolo romano avesse stipulato la pace con gli Elvezi, loro sarebbero passati da quella parte e gli Elvezi sarebbero stati là dove avesse loro ordinato e voluto di esserci; ma se avesse continuato a incalzarli con la guerra, gli avrebbe ricordato sia l’antica disfatta del popolo romano sia l’antico valore degli Elvezi. Così Cesare rispose a costoro: se loro avessero dato ostaggi, perché lui capisse ciò che promettevano di fare, e se avessero chiesto perdona agli Edui per le offese che avevano arrecato a loro stessi e ai loro alleati, se poi avessero chiesto scusa agli Allobrogi, lui allora avrebbe stretto la pace con loro. Divicone rispose: gli Elvezi sono stati educati dai loro antenati così che sono soliti ricevere ostaggi, non darli; il popolo romano ne è testimone. Data questa risposta, se ne andò.