De nova victoria

Romani cum hostibus proelium faciunt neque vincunt, ergo volunt insidiis victores esse. Hostes autem insidias pares Romanorum insidiis parant: castra relinquunt et in silva manent. Deinde igitur et Romani et hostes existimant se victores, quia, sicut putant, ceteri fugerunt.

Romani cum hostibus proelium faciebant sed hostibus magna virtus erat, ergo Ro­mani vincere non poterant. Hostes iam multos milites interfecerant, et Romanorum et ceterorum equites multa vulnera ceperant. Nox finem fecit proelium et Romanorum exercitus in castra rediit. Consul duces vocavit in consilium et dixit: “Hostes nostri boni sunt, ergo eos vincere vi non possumus. Cum dies incipiet, rursus proelium cum hostibus non faciemus, sed insidias eis parabĭmus. Nisi vincerĭmus ante noctem, au­tem, domum redire debebĭmus”.
Interim in hostium castris, rex cum principibus in consilio erat et eis dicebat: “Romanis magna virtus est, ergo sine insidiis eos vincere non poterĭmus et, cum lux erit, insidiis cum eis bellum geremus”.
Prima luce Romani duces e castris milites duxerunt et in silva manserunt, sic secum cogitabant: “Hostes castra sine copiis videbunt et dicent: ‘Romani domum redierunt, nos quoque castra movere possumus'”. Ergo Romani dicebant: “Dum ii castra movent, impetum faciemus et eos vincemus”.
Tamen hostes quoque easdem insidias paraverunt, ideo, cum lux fuit, et Romanorum et ceterorum castra sine militibus erant. Et Romani et ceteri dixerunt: “Hostes nostri fugerunt et castra reliquerunt. Nos victores sumus!”. Et Romani et hostes igitur domum redierunt et civibus suis dixerunt: “Vicĭmus, quia hostes fugerunt!”.

I Romani combattono con i nemici e non vincono, perciò vogliono essere i vincitori con un agguato. Ma i nemici tendono un’insidia uguale a quella dei Romani: abbandonano l’accampamento e restano nel bosco. Perciò poi i Romani e i nemici si ritengono vincitori, poiché, così come credono, gli altri sono fuggiti.

I Romani combattevano con i nemici ma i nemici avevano grande valore, perciò i Romani non riuscivano a vincere. I nemici avevano già ucciso molti soldati, e i cavalieri dei Romani e degli altri avevano ricevuto molte ferite. La notte pose fine alla battaglia e l’esercito dei Romani ritornò nell’accampamento. Il console convocò i comandanti in assemblea e disse: «I nostri nemici sono forti, perciò non riusciamo a vincerli con la forza. Quando il giorno avrà inizio, non faremo nuovamente il combattimento con i nemici, ma tenderemo loro un agguato. Se non li sconfiggeremo prima della notte, però, dovremo ritornare a casa».

Nel frattempo nell’accampamento dei nemici il re era in assemblea con i più ragguardevoli e diceva loro: «I Romani hanno grande valore, dunque non potremo sconfiggerli senza un agguato e, quando ci sarà la luce, faremo guerra con loro con un agguato».

Sul far del giorno i comandanti Romani condussero i soldati fuori dall’accampamento e rimasero nel bosco, così pensavano tra sé e sé: «I nemici vedranno l’accampamento senza truppe e diranno: “I Romani sono ritornati a casa, anche noi possiamo levare le tende”». Dunque i Romani dicevano: «Mentre loro leveranno le tende, attaccheremo e li sconfiggeremo».

Tuttavia anche i nemici prepararono lo stesso agguato, perciò, quando fu giorno, sia l’accampamento dei Romani che quello degli altri erano senza soldati. Sia i Romani sia gli altri dissero: «I nostri nemici sono fuggiti e hanno abbandonato l’accampamento. Siamo i vincitori!». Dunque sia i Romani sia i nemici ritornarono a casa e dissero ai loro concittadini: «Abbiamo vinto, poiché i nemici sono fuggiti!».