Dignità e modestia di Attico

In re publica ita est versatus, ut semper optimarum partium et esset et existimaretur, neque tamen se civilibus fluctibus committeret, quod non magis eos in sua potestate existimabat esse qui se his dedissent, quam qui maritimis iactarentur. Honores non petiit, cum ei paterent propter vel gratiam vel dignitatem, quod neque peti more maiorum neque capi possent conservatis legibus in tam effusis ambitus largitionibus, neque geri e re publica sine periculo, corruptis civitatis moribus […]. Neminem neque suo nomine neque subscribens accusavit; in ius de sua re numquam iit, iudicium nullum habuit. Multorum consulum praetorumque praefecturas delatas sic accepit ut neminem in provinciam sit secutus, honore fuerit contentus, rei familiaris despexerit fructum; qui ne cum Q. quidem Ciceroni voluerit ire in Asiam, cum apud eum legati locum obtinere posset. Non enim decere se arbitrabatur, cum praeturam gerere noluisset, asseclam esse praetoris.

Cornelio Nepote

Partecipò alla vita politica in modo tale da essere e venire considerato sempre del partito degli ottimati, ma non si espose alle agitazioni civili, perché riteneva che coloro che si fossero dati a queste cose fossero tanto padroni di se stessi quanto coloro che fossero sballottati dai marosi. Non cercò cariche, anche se erano per lui disponibili per la sua influenza e il suo prestigio, perché non si potevano nè richiedere secondo i buoni costumi degli antenati, nè ottenere con il rispetto delle leggi in mezzo a tante diffuse dimostrazioni di brogli elettorali, nè esercitare nell’interesse dello Stato senza pericolo, a causa dei corrotti costumi della cittadinanza (…). Non accusò nessuno nè per conto proprio nè sottoscrivendo accuse altrui; non andò mai in tribunale per una sua causa, non ebbe alcun processo. Accettò gli incarichi prefettizi, che gli erano stati proposti, di molti consoli e pretori, ma in modo da non seguire nessuno in provincia, da essere contento dell’onore, da trascurare l’incremento del patrimonio familiare; da non voler andare in Asia nemmeno con Quinto Cicerone, pur potendo ottenere il grado di luogotenente presso di lui. Infatti pensava che non gli si addicesse, non avendo voluto esercitare la pretura, essere seguace di un pretore.