Discriminazioni tra patrizi e plebei

Contempsisti L. Murenae genus, extulisti tuum. Quo loco si tibi hoc sumis, nisi qui patricius sit, neminem bono esse genere natum, facis ut rursus plebes in Aventinum sevocanda esse videatur. Quamquam ego iam putabam, iudices, meo labore esse perfectum ne multis viris fortibus ignobilitas generis obiceretur. Cum vero ego tanto intervallo claustra ista nobilitatis refregissem, ut aditus ad consulatum posthac non magis nobilitati quam virtuti pateret, non arbitrabar de generis novitate accusatores esse dicturos. Etenim mihi ipsi accidit ut cum duobus patriciis, altero improbissimo atque audacissimo, altero modestissimo atque optimo viro, consulatum peterem; superavi tamen dignitate Catilinam, gratia Galbam. Quod si id crimen homini novo esse deberet, profecto mihi neque inimici neque invidi defuissent.

Cicerone

Hai disprezzato la stirpe di Lucio Murena, hai esaltato la tua. Nel qual luogo se questo ti assumi, che nessuno, se non chi sia patrizio, ha avuto origine da una buona stirpe, fai sì che sembri che la plebe debba ritirarsi di nuovo sull’Aventino. Sebbene io già credessi, o giudici, che grazie al mio operato si fosse ottenuto che la modestia di origine della stirpe non fosse rinfacciata a molti uomini rispettabili. Io, dopo aver abbattuto dopo lungo tempo queste barriere della nobiltà, affinché per l’avvenire l’accesso al consolato fosse disponibile non più alla nobiltà che al valore, non avrei creduto che gli accusatori avrebbero parlato della nobiltà di recente acquisizione della stirpe. E infatti è accaduto a me stesso che mi candidassi al consolato con due patrizi, uno molto disonesto e audace, l’altro un uomo molto umile e perbene; tuttavia ho superato in merito Catilina, in popolarità Galba. Che se questo reato avesse dovuto essere imputato ad un uomo di nobiltà recente, certamente non mi sarebbero mancati né avversari né invidiosi.