Gli esordi di Giugurta a corte

Bello Punico secundo, Masinissa rex Numidarum in amicitiam receptus a P. Scipione, cui postea Africano cognomen ex virtute fuit, multa et praeclara rei militaris facinora fecerat. Itaque, victis Carthaginiensibus, populus Romanus, urbes quas manu ceperat, regi donavit. Igitur amicitia Masinissae bona atque honesta nobis permansit. Sed imperi vitaeque eius finis idem fuit. Dein Micipsa filius regnum solus obtinuit fratribus morbo absumptis. Is Adherbalem et Hiempsalem ex sese genuit Iugurthamque, filium Mastanabalis fratris, eodem cultu quo liberos suos domi habuit. Qui ubi primum adolevit, pollens viribus, sed multo maxime ingenio validus, non se luxu neque inertiae dedit, sed, ut mos gentis illius est, equitare, iaculari; cursu cum aequalibus certare et, cum omnis gloria superaret, omnibus tamen carus esse; plurimum facere, minimum ipse de se loqui. Quibus rebus Micipsa tametsi initio laetus fuerat, tamen, postquam hominem magis magisque crescere intellegit, vehementer multa cum animo suo volvebat. Terrebat eum natura mortalium avida imperi.

A scuola di latino – Pag.9 n.20 – Sallustio

Durante la seconda guerra Punica il re dei Numidi Massinissa accolto come alleato da Publio Scipione, che in seguito ebbe il soprannome di Africano per il suo valore, aveva compiuto molte e gloriose imprese militari. Pertanto, vinti i Cartaginesi, il popolo Romano diede in dono al re le città che aveva preso con le sue forze. Quindi l’amicizia di Massinissa si conservò nei nostri confronti buona e onorevole. Ma la fine della sua vita fu anche la fine del suo impero. In seguito il figlio Micipsa resse da solo il regno perché i fratelli erano morti per malattia. Egli procreò Aderbale e Iempsale e tenne in casa, con la stessa cura con cui aveva cresciuto i propri figli, il figlio di suo fratello Mastanabale, Giugurta. Costui appena crebbe, aitante, ma soprattutto molto intelligente, non si lasciò corrompere dal lusso nè dall’indolenza, ma, com’è costume di quel popolo, andava a cavallo, scagliava frecce; gareggiava con i coetanei nella corsa e, benché superasse tutti nella fama, tuttavia era caro a tutti; agiva moltissimo, parlava di sè pochissimo. Micipsa, sebbene all’inizio fosse stato felice per queste doti, tuttavia, quando capì che l’uomo cresceva in influenza sempre di più, meditava seriamente molte cose in cuor proprio. Lo spaventava la natura umana avida di potere.