Gneo Mario scrive al proconsole L. Domizio

Valde miror te ad me nihil scribere et ab aliis de re publica me certiorem fieri. Nos disiecta manu pares adversario esse non possumus; contractis nostris copiis spero nos et rei publicae et communi saluti prodesse posse. Quam ob rem, cum constituisses Corfinio proficisci cum exercitu et ad me venire, miror quae causa fuerit quare consilium mutaris. Quanto enim magis appropinquare adversarius coepit, eo tibi celerius agendum erat, ut te mecum coniungeres, priusquam Caesar aut tuum iter impedire aut me abs te excludere posset. Quam ob rem etiam atque etiam te oro et hortor, id quod non destiti superioribus litteris a te petere, ut primo quoque die Luceriam ad me venias, antequam copiae, quas instituit Caesar contrahere, in unum locum coactae vos a nobis distrahant. Aequum est me a te impetrare, ut cohortes, quae ex Piceno et Camerino venerunt, ad me mittas.

Cicerone

Mi meraviglio molto che tu non mi scriva nulla e che io sia stato informato da altri in merito allo Stato. Separate le nostre truppe, noi non possiamo essere pari all’avversario; unite le nostre milizie, spero che noi possiamo giovare sia allo Stato sia alla salvezza comune. Per questo motivo, poiché tu avevi stabilito di partire con l’esercito da Corfinio e di venire da me, mi chiedo stupito quale sia stata la causa per cui tu abbia cambiato progetto. Infatti quanto più il nemico comincia ad avvicinarsi, tanto più velocemente tu dovevi agire per ricongiungerti con me, prima che Cesare potesse o impedire il tuo cammino o isolarmi da te. Per questa ragione ancora e ancora ti prego e ti esorto, cosa che non ho smesso di chiederti nelle precedenti lettere, a venire da me a Luceria il primo giorno possibile, prima che le truppe, che Cesare ha deciso di riunire, una volta radunate in un solo luogo, vi dividano da noi. È ragionevole che io ottenga da te di mandarmi le coorti, che sono venute dal Piceno e da Camerino.