Greci e barbari piangono la morte di Alessandro

? Qui extra regiam adstiterant, Macedones pariter barbarique, concurrunt nec poterant victi a victoribus in communi dolore discerni. Persae iustissimum ac mitissimum dominum, Macedones optimum ac fortissimum regem invocantes, certamen quoddam («una specie di») maeroris edebant. Vigor eius et vultus eius educentis in proelium milites, obsidentis urbes, evadentis muros, fortes viros pro contione donantis occurrebant oculis. Tum Macedones divinos honores ei negavisse paenitebat impiosque et ingratos se fuisse confitebantur, quod aures eius debita appellatione fraudaverant. Et cum diu nunc in veneratione, nunc in desiderio regis haesissent, in ipsos versa miseratio est. Macedonia profecti ultra Euphratem, in mediis hostibus aspernantibus («che rifiutavano») novum imperium destitutos esse se cernebant: sine certo regis herede, publicas vires ad se quisque tracturus erat («avrebbe cercato di attrarre»). Mentibus suis augurabantur bella civilia futura esse et se senes et debiles morituros esse pro potentia satellitis alicuius ignobilis. Has cogitationes eis volventibus nox supervenit terroremque auxit.

Curzio Rufo

Quelli che si erano fermati fuori della tenda reale, Macedoni e barbari insieme, accorsero e non si potevano distinguere nel comune dolore i vinti dai vincitori. I Persiani invocando il signore più giusto e indulgente, i Macedoni il re più buono e valoroso, facevano una specie di gara dell’afflizione. Si presentavano ai loro occhi il vigore e l’espressione del volto di lui che conduceva i soldati alla battaglia, che assediava le città, che scalava le mura, che premiava gli uomini coraggiosi davanti all’adunanza. Allora i Macedoni si pentivano di avergli negato gli onori divini e riconoscevano di essere stati ingrati e scellerati, perché avevano privato le sue orecchie di un titolo dovuto. E dopo che avevano a lungo indugiato ora sulla venerazione, ora sul rimpianto del re, la compassione si rivolse su loro stessi. Capivano che partiti dalla Macedonia venivano abbandonati oltre l’Eufrate, in mezzo a nemici che rifiutavano il nuovo impero: senza un sicuro erede del re, ciascuno avrebbe cercato di attrarre a sè le forze comuni. Nelle loro menti presentivano che ci sarebbero state delle guerre civili e che essi, vecchi e deboli, sarebbero morti per il potere di qualche oscuro sgherro. Mentre meditavano questi pensieri sopraggiunse la notte e fece aumentare la paura.