Il re Micipsa morente parla a Giugurta

Micipsa, rex Numidarum, cum ei interitus imminebat, amicos itemque Adherbalem et Hiempsalem filios convocavit et coram omnibus cum nepote Iugurtha huiusce modi verba habuit: «Parvum ego te, sine patre, sine spe, sine opibus in meum regnum accepi teque sicut meam progeniem dilexi. Neque in ea re erravi. Nam tu, Numantia remeans, me regnumque meum gloria honoravisti, in Hispania nomen familiae renovavisti et gloria invidiam vicisti. Nunc, quoniam mihi natura finem vitae facit, per hanc dexteram, per regni fidem ego ipse impetro tuam benivolentiam erga filios meos qui (“i quali”, nom.) tibi genere propinqui, beneficio meo fratres sunt. Ego vobis rem familiarem ipsumque regnum relinquo: non exercitus neque thesauri praesidia regni sunt, verum amici, qui (“che”, nom. m. plur.) non auro nec armis sed officio et fide pariuntur. Equidem ego vobis regnum trado firmum, si (“se”) boni eritis, sin (“se invece”) mali, inbecillum. Nam concordia parvae res crescunt, discordia magnae quoque dilabuntur (“si disperdono”)».

Sallustio

Micipsa, re dei Numidi, quando la morte era per lui imminente, convocò gli amici come anche i figli Aderbale e Iempsale e davanti a tutti parlò in questo modo con il nipote Giugurta: «Ti ho accolto nel mio regno fanciullo, senza padre, senza speranza, senza risorse e ti ho amato come la mia progenie. E non ho sbagliato in questo. Infatti tu, ritornando da Numanzia, hai coperto di gloria me e il mio regno, in Spagna hai rinvigorito il nome della famiglia e con la gloria hai vinto l’invidia. Ora, poiché a me la natura pone fine alla vita, per questa destra, per la fedeltà del regno, io stesso chiedo il tuo affetto nei confronti dei miei figli, i quali ti sono parenti per nascita, fratelli per mio beneficio. Io vi lascio il patrimonio e il regno stesso: le difese di un regno non sono né gli eserciti né i tesori, ma gli amici, che non si procurano né con l’oro né con le armi, ma con il rispetto e la lealtà. Quanto a me vi lascio un regno saldo, se sarete valenti, debole, se invece (sarete) incapaci. Infatti le cose piccole crescono con la concordia, con la discordia, invece, anche le grandi si disperdono».