Incipit del De coniuratione Catilinae di Sallustio

Omnes homines, qui sese student praestare ceteris animalibus, summa ope niti decet, ne vitam silentio transeant veluti pecora, quae natura prona atque ventri oboedientia finxit. Sed nostra omnis vis in animo et corpore sita est: animi imperio, corporis servitio magis utimur; alterum nobis cum dis, alterum cum beluis commune est. Quo mihi rectius videtur ingeni quam virium opibus gloriam quaerere et, quoniam vita ipsa, qua fruimur, brevis est, memoriam nostri quam maxume longam efficere. […] Sed in magna copia rerum aliud alii natura iter ostendit. Pulchrum est bene facere rei publicae, etiam bene dicere haud absurdum est […]. Igitur ubi animus ex multis miseriis atque periculis requievit et mihi reliquam aetatem a re publica procul habendam decrevi, non fuit consilium socordia atque desidia bonum otium conterere neque vero agrum colundo aut venando, servilibus officiis, intentum aetatem agere; sed, statui res gestas populi Romani carptim, ut quaeque memoria digna videbantur, perscribere, eo magis, quod mihi a spe, metu, partibus rei publicae animus liber erat. Igitur de Catilinae coniuratione, quam verissume potero, paucis absolvam; nam id facinus in primis ego memorabile existumo sceleris atque periculi novitate.

Sallustio

A tutti gli uomini, che aspirano a primeggiare sugli altri esseri viventi, conviene impegnarsi con il massimo sforzo per non passare la vita nell’oblio come le bestie, che la natura ha creato chine a terra e schiave del loro ventre. Ma tutta la nostra energia è situata nell’animo e nel corpo: ci valiamo del comando dell’animo, della servitù del corpo; l’uno l’abbiamo in comune con gli dei, l’altro con le fiere. Perciò mi sembra più giusto cercare la gloria con le risorse dell’ingegno piuttosto che con quelle della forza fisica e, dal momento che la vita stessa di cui fruiamo è breve, rendere il ricordo di noi il più duraturo possibile. (…) Ma nel gran numero delle possibilità la natura mostra a chi una via a chi un’altra. È lodevole agire bene a vantaggio dello Stato, anche fare buon uso della parola non è sconveniente (…). Dunque quando il mio animo trovò una tregua dopo le molte sventure e i molti pericoli, e decisi che il resto della mia vita doveva trascorrere lontano dalla politica, il mio proposito non fu di perdere l’utile tempo libero nell’inoperosità e nell’indolenza, nè, invero, di vivere intento a coltivare il campo o a cacciare, compiti da schiavi; ma decisi di narrare per sommi capi le imprese del popolo Romano che sembravano meritevoli di ricordo, tanto più che avevo l’animo libero da aspettative, da paure, da incarichi di Stato. Quindi dirò in breve, più esattamente che potrò, della congiura di Catilina; perché io ritengo questo misfatto memorabile soprattutto per la novità del tentativo e del delitto.