Incipit del De ira di Seneca

Exegisti a me, Novate, ut scriberem quemadmodum posset ira leniri, nec inmerito mihi videris hunc praecipue adfectum pertimuisse maxime ex omnibus taetrum ac rabidum. Ceteris enim aliquid quieti placidique inest, hic totus concitatus et in impetu est, doloris armorum, sanguinis suppliciorum minime humana furens cupiditate, dum alteri noceat sui neglegens, in ipsa inruens tela et ultionis secum ultorem tracturae avidus. Quidam itaque e sapientibus viris iram dixerunt brevem insaniam; aeque enim inpotens sui est, decoris oblita, necessitudinum immemor, in quod coepit pertinax et intenta, rationi consiliisque praeclusa, vanis agitata causis, ad dispectum aequi verique inhabilis, ruinis simillima quae super id quod oppressere franguntur. Ut scias autem non esse sanos quos ira possedit, ipsum illorum habitum intuere; nam ut furentium certa indicia sunt audax et minax vultus, tristis frons, torva facies, citatus gradus, inquietae manus, color versus, crebra et vehementius acta suspiria, ita irascentium eadem signa sunt: flagrant ac micant oculi, multus ore toto rubor exaestuante ab imis praecordiis sanguine, labra quatiuntur, dentes comprimuntur, horrent ac surriguntur capilli?

Seneca

Chiedesti a me, o Novato, che scrivessi come l’ira possa essere calmata, e non a torto mi sembra tu abbia temuto soprattutto questa passione, la più spaventosa e violenta di tutte. Infatti nelle altre vi è qualcosa di quieto e placido, questa è tutta intensa e nell’impeto, furiosa per la brama nient’affatto umana di dolore di armi, di sangue di supplizi, mentre nuoce a un altro noncurante di se stessa, avventandosi sulle stesse armi e avida di vendetta destinata a trascinare con sé il vendicatore. Pertanto alcuni degli uomini sapienti chiamarono l’ira una follia di breve durata; è infatti allo stesso modo non padrona di sé, dimentica del decoro, immemore dei rapporti sociali, ostinata e cocciuta in ciò che ha cominciato, preclusa alla ragione e alla riflessione, scossa da futili motivi, incapace di distinguere il giusto e il vero, molto simile alle rovine che si abbattono su ciò che hanno travolto. Affinché tu sappia che quelli che l’ira possiede non sono sani di mente, osserva l’atteggiamento stesso di quelli; infatti come le prove certe dei folli sono l’espressione risoluta e minacciosa, la fronte aggrottata, il volto truce, l’andatura precipitosa, le mani irrequiete, il colorito alterato, respiri frequenti ed emessi in maniera piuttosto intensa, così gli stessi sono i segni di chi si adira: gli occhi ardono e lampeggiano, molto rossore su tutto il volto, a causa del sangue che rifluisce dalle viscere più profonde, le labbra tremano, i denti si serrano, i capelli si rizzano…