La passione di Verre per la ricchezza

Posteaquam Verres tantam multitudinem collegerat emblematum ut ne unum quidem cuiquam reliquisset, instituere oicinam Syracusis in regia maximam ausus est. Palam artiices omnes, caelatores ac vascularios, convocari iubet, quibus se idere constat. Eos concludit, magnam hominum multitudinem. Tum illa multitudo, ex patellis et turibulis quae evellerat, ita scite in aureis poculis inligabat, ita apte in scaphiis aureis includebat, ut ea ad illam rem nata esse diceres (“si sarebbe potuto dire”); ipse tamen praetor, qui sua vigilantia pacem in Sicilia dicit fuisse, in hac oicina maiorem partem diei cum tunica pulla sedere solebat et pallio ut illis rebus gauderet. Haec ego, iudices, dicere gavisus non sum, sed ausus sum proferre, quia vereor ne forte plura de isto ab aliis in sermone quam a me in iudicio vos audisse dicatis. Quis enim est qui de hac oicina, qui de vasis aureis, qui de istius pallio non audiverit aliquem loqui? Quem voles e conventu Syracusano virum bonum nomina (imperativo); producam; nemo erit quin (“che non”) hoc se audisse aut vidisse dicat. O tempora, o mores! Ridiculum est me nunc de Verre dicere.

Ad Litteram – Esercizi 1 – Pag.354 n.10 – Cicerone

Dopo che Verre aveva raccolto una così gran quantità di ornamenti da non averne lasciato neppure uno a qualcuno, osò istituire un laboratorio (officinam) grandissimo a Siracusa nella reggia. Ordina apertamente che siano convocati tutti gli artigiani (artifices), cesellatori e vasai, con i quali mettersi d’accordo. Li chiude dentro, una gran quantità di uomini. Quindi quella folla fissava così elegantemente su coppe d’oro ciò che aveva strappato da piattini ed incensieri, lo inseriva così opportunamente in tazze oblunghe d’oro che si sarebbe potuto dire che quella cosa fosse nata apposta per esse; il pretore stesso tuttavia, che afferma che in Sicilia c’era pace grazie alla sua vigilanza, soleva sedere in questo laboratorio (officina) per la maggior parte del giorno con una tunica ed un mantello scuri, per godersi quelle cose. Non provo piacere, oh giudici, a dire queste cose, ma ho osato esporle, perché ho timore che per caso non diciate di aver saputo di più su questo fatto da altri in discorsi piuttosto che da me in giudizio. Chi c’è infatti che non abbia sentito qualcuno parlare di questo laboratorio, di questi vasi d’oro, di questo mantello? Volendo tirerò fuori i nomi di qualche buon uomo del seguito di Siracusa; non ci sarà nessuno che non dica di aver saputo o visto. Oh tempi, oh costumi! È ridicolo che io ora parli di Verre.