Le doti di un buon maestro

Sumat igitur ante omnia parentis erga discipulos suos animum ac succedere se in eorum locum, a quibus sibi liberi tradantur existimet. Ipse nec habeat vitia nec ferat. Non austeritas eius tristis, non dissoluta sit comitas, neinde odium, hinc contemptus oriatur. Plurimus ei de honesto ac bono sermo sit; nam quo saepius monuerit, hoc rarius castigabit minimr iracundus, nec tamen eorum quae emendanda erunt dissimulator, simplex in docendo, patiens laboris, adsiddus potius quam immodicus. Interrogantibus libenter respondeat, non interrogantes percontetur ultro. In laudanis discipulorum dictionibus nec malignus nec effusus, quia res altera traedium laboris, altera securitatem parit.

Comprendere e Tradurre (2) – Pag.387 n.6 – Quintiliano

Verso di loro, dunque assuma anzitutto i sentimenti di un padre, e sia convinto di prendere il posto di quanti gli affidano i figli. Egli non abbia vizi e non li ammetta negli altri. La sua serietà non assuma i tratti della cupezza e la sua affabilità non sia sguaiata, affinché a causa della prima non gli venga antipatia e a causa della seconda scarso rispetto. Parli senza risparmio di ciò che è onesto e di ciò che è bene: quanto più spesso ammonirà, tanto più raramente punirà. Si adiri il meno possibile, ma non finga di non vedere i difetti da correggere, sia semplice nelle spiegazioni, resistente alla fatica, assiduo ma non eccessivo. Risponda di buon grado a chi gli fa domande, di sua iniziativa interroghi chi non gliene pone. Nel lodare le esercitazioni degli allievi non sia né troppo stretto né troppo largo, poiché il primo atteggiamento fa venire a noia lo studio, il secondo genera eccessiva sicurezza.