Le inquietudini giovanili di Agostino

Interea mea peccata multiplicabantur, et avulsa a latere meo tamquam impedimento coniugii cum qua cubare solitus eram, cor, ubi adhaerebat, concisum et vulneratum mihi erat et trahebat sanguinem. Et illa in Africam redierat, vovens tibi alium se virum nescituram, relicto apud me naturali ex illa filio meo. At ego infelix nec feminae imitator, dilationis impatiens, tamquam post biennium accepturus eam quam petebam, quia non amator coniugii sed libidinis servus eram, procuravi aliam, non utique coniugem, quo tamquam sustentaretur et perduceretur vel integer vel auctior morbus animae meae satellitio perdurantis consuetudinis in regnum uxorium. Nec sanabatur vulnus illud meum, quod prioris praecisione factum erat, sed post fervorem doloremque acerrimum putrescebat, et quasi frigidius sed desperatius dolebat.

Agostino

Intanto i miei peccati si moltiplicavano, e poiché era stata strappata dal mio fianco, come se fosse di impedimento al matrimonio, colei con la quale ero solito avere rapporti amorosi, avevo il cuore, dove lei stava costantemente, spezzato e ferito e versava sangue. Ed ella era ritornata in Africa, facendo voto a te che non avrebbe conosciuto altro uomo, dopo aver lasciato accanto a me il mio figliolo naturale da lei avuto. Ma io disgraziato neppure in grado di imitare una donna, incapace di sopportare una dilazione, al pensiero che dopo due anni avrei accolto colei che chiedevo in sposa, poiché non ero innamorato dell’unione coniugale, ma schiavo della libidine, me ne procurai un’altra, e non come moglie, affinché, per così dire, si nutrisse e si prolungasse intatto o più accresciuto il morbo della mia anima, in sostegno ai miei perduranti modi di vivere, fino al regime matrimoniale. E quella mia ferita, che era stata causata dal distacco della (donna) precedente, non risanava, ma dopo il bruciore e il tormento violentissimo imputridiva, e quasi più fredda ma più incurabile cagionava dolore.