L’inizio della cena di Trimalcione

Obligati tam grandi beneficio cum intrassemus triclinium, occurrit nobis ille idem servus, pro quo rogaveramus, et stupentibus spississima basia impegit gratias agens humanitati nostrae.” Ad summam, statim scietis, ait, cui dederitis beneficium. Vinum dominicum ministratoris gratia est.” Tandem ergo discubuimus, pueris Alexandrinis aquam in manus nivatam infundentibus, aliisque insequentibus ad pedes ac paronychia cum ingenti subtilitate tollentibus. Ac ne in hoc quidem tam molesto tacebant officio, sed obiter cantabant. Ego experiri volui an tota familia cantaret, itaque potionem poposci. Paratissimus puer non minus me acido cantico excepit, et quisquis aliquid rogatus erat ut daret. Pantomimi chorum, non patris familiae triclinium crederes.

Esperienze di traduzione – Pag.207 n.7 – Petronio

Toccati da un gesto di tale generosità, stavamo entrando in sala da pranzo, quando ci si para davanti quello stesso servo per il quale eravamo intervenuti e, con noi che lo guardiamo allibiti, ci sommerge letteralmente di baci per ringraziarci del nostro buon cuore e aggiunge: «Presto saprete chi avete aiutato: sono io che ho l’incarico di versare il vino del padrone».
Finalmente ci sediamo a tavola, mentre degli schiavi alessandrini ci versano sulle mani dell’acqua ghiacciata, subito rimpiazzati da altri che, inginocchiati ai nostri piedi, cominciano a tagliarci le pellicine delle unghie con una precisione incredibile. E mentre erano impegnati in questo ingrato servizio non stavano mica a bocca chiusa, ma accompagnavano il tutto cantando. Siccome volevo capire se tutta la servitù avesse quella caratteristica, chiedo che mi portino da bere. In men che non si dica uno schiavetto mi serve emettendo un gorgheggio non meno stridulo, e così tutti gli altri se solo si ordinava qualcosa. Al punto che più che a pranzo in casa di un padre di famiglia, sembrava di essere in mezzo a una compagnia di mimi.