Lucrezia

Sextus Tarquinius, inscio Collatino, Collatiam venit. Ubi, domum introductus benigne, amore ardens, stricto gladio ad dormientem Lucretiam venit sinistraque manu mulieris pectore oppresso «Tace, Lucretia» inquit; «ferrum in manu est; morieris, si emiseris vocem». Tum Tarquinius fateri amorem, orare, miscere precibus minas coepit. Ubi ea ne mortis quidem metu inclinari poterat, addidit ad metum dedecus: se dixit una cum ea servum occisurum esse, ut in sordido adulterio necata videri posset. Quo terrore cum vicisset obstinatam pudicitiam, profectusque inde Tarquinius esset, Lucretia, nuntium Romam ad patrem Ardeamque ad virum misit. Collatinus Lucium Iunium Brutum arcessivit et uxorem cum eo visit. Lucretiam sedentem maestam in cubiculo invenerunt. «Sextus Tarquinius – narravit mulier – hostis pro hospite fuit, pestiferumque hinc abstulit gaudium». Consolantur aegram: dicunt mentem peccare, non corpus. «Vos» inquit «videte quid illi debeatur: ego me etsi peccato absolvo, supplicio non libero; nec ulla deinde impudica Lucretiae exemplo vivet». Cultrum, quem sub veste abditum habebat, in corde defixit, prolapsaque in vulnus moribunda cecidit.

Livio

Sesto Tarquinio, all’insaputa di Collatino, andò a Collazia. Dove, dopo che fu fatto entrare cortesemente in casa, ardendo dal desiderio, sguainata la spada andò da Lucrezia che dormiva e, schiacciato con la mano sinistra il petto della donna, disse: «Taci, Lucrezia, ho un’arma in mano; se emetterai voce, morirai». Allora Tarquinio cominciò a confessare l’amore, a supplicare, a mischiare minacce alle preghiere. Quando essa non poteva essere smossa neppure dalla paura della morte, alla paura aggiunse il disonore: disse che assieme a lei avrebbe ucciso un servo, affinché potesse sembrare essere stata uccisa durante un ignobile adulterio. Dopo che con questa paura ebbe vinto l’ostinata pudicizia e dopo che Tarquinio fu andato via da lì, Lucrezia, mandò un messaggero a Roma dal padre e ad Ardea dal marito. Collatino mandò a chiamare Lucio Giunio Bruto e fece visita alla moglie assieme a lui. Trovarono Lucrezia che sedeva mesta nella camera da letto. «Sesto Tarquinio – raccontò la donna – fu un nemico invece che un ospite, e ha portato via da qui una gioia funesta». Consolano l’afflitta: dicono che l’animo pecca, non il corpo. «Voi» disse «badate a ciò che è dovuto a quello: io, anche se mi assolvo dalla colpa, non mi esonero dalla pena; nessuna (donna) d’ora in avanti vivrà disonorata nell’esempio di Lucrezia». Si conficcò nel cuore il pugnale, che aveva nascosto sotto la veste, e scivolata sulla ferita, cadde moribonda.