Roma sotto assedio

Iam Tarquinii ad Porsennam, Clusinum regem, perfugerant. Ibi miscendo consilium precesque sic monebant: «Ne nos, Clusini, oriundos ex Etruscis, exsulare patiamini! Ne reges expulsos inultos sinatis; defendant sane vi reges regna sua: civitates libertatem expetent, nisi deterrueritis». Porsenna tandem Romam infesto exercitu venit. Numquam tantus terror senatum invaserat; adeo valida res Clusina erat magnumque Porsennae nomen. Timebant etiam patres ne Romana plebs, metu perculsa, receptis in urbem regibus, cum servitute pacem acciperet. Multa igitur blandimenta plebi per id tempus ab senatu data sunt. Ad frumentum comparandum missi sunt alii in Volscos, alii Cumas. Portoriisque et tributo plebs liberata est. Itaque haec indulgentia patrum in obsidione ac fame adeo concordem civitatem tenuit, ut regium nomen universi horrerent.

Livio

Allora i Tarquiniesi si erano rifugiati presso Porsenna, re di Chiusi. Là, mescolando consiglio e suppliche, lo pregavano così: «Cittadini di Chiusi, non permettete che noi, discendenti dagli Etruschi, viviamo in esilio! Non lasciate impuniti i re cacciati; i re difendano pure con la forza i propri regni: le città rivendicheranno la libertà, se non le distoglierete». Porsenna alla fine si recò a Roma con l’esercito in assetto offensivo. Mai un terrore tanto grande aveva invaso il senato; a tal punto era valida la potenza di Chiusi e grande la fama di Porsenna. I senatori temevano inoltre che la plebe di Roma, sconvolta dalla paura, accolti i re in città, accettasse la pace con la schiavitù. Dunque in quella circostanza furono concessi molti allettamenti alla plebe. Per procurare grano alcuni furono mandati tra i Volsci, altri a Cuma. La plebe fu liberata dai dazi e dal tributo. Pertanto questa benevolenza dei senatori durante l’assedio e la carestia mantenne la cittadinanza concorde, affinché tutti temessero il nome dei re.